"Tataresu impica babbu": quando un gesto d'amore si trasforma in un soprannome negativo

28 dicembre 2022 alle 13:36

Il modo di dire "tataresu impica babbu" affonda le proprie radici in una storia che risale ai tempi della Santa Inquisizione, quando anche a Sassari c’era il boia, “Su Buginu”. La traduzione letterale dal sardo all'italiano è "sassarese impicca padre".

Nessuno conosceva l'identità del boia, ma tutti sapevano che abitava in quel perimetro che oggi si chiama Largo Quadrato Frasso. Il boia, un giorno, si trovò davanti a una dura realtà: gli portarono per mezzo di un carro, un condannato al patibolo e nell’atto di incappucciarlo si rese conto che si trattava di suo figlio, scappato di casa tempo prima. In preda alla disperazione e con lo spirito di un padre che farebbe di tutto per suo figlio decise di approfittare del fatto che nessuno conoscesse la sua identità d’esecutore e decise di salvarlo facendogli promettere di riaffacciarsi a una vita onesta. Si scambiarono così i vestiti e anche i ruoli. Non fu il padre a uccidere il figlio ma il figlio a uccidere suo padre.

Si tratta di un modo di dire che racconta la generosità e l’affetto di un padre nei confronti di suo figlio, un padre che decise di morire per farlo vivere. Col tempo però questo significato mutò e questa storia divenne il racconto dell’egoismo di un figlio, che per salvarsi, non guarda in faccia nessuno, nemmeno suo padre. Ecco perchè questo modo di dire.