Autonomia differenziata, un'occasione per il Paese? Non tutti sono d’accordo
L’Autonomia differenziata (conosciuta anche come "legge Calderoli", approvata nel giugno scorso) è la possibilità prevista dal titolo V della Costituzione (del 2001) che le singole regioni a statuto ordinario possano chiedere forme di autonomia della gestione di diverse competenze. Le materie oggetto di gestione autonoma possono essere differenti per ciascuna regione. Il tema è al centro del dibattito politico e alimenta le preoccupazioni delle regioni del Mezzogiorno. E della CEI.
La conferenza dei vescovi l’ha definita un “pericolo mortale” mentre alcune regioni (fra le quali la Sardegna) hanno impugnato la legge ritenendola iniqua e pericolosa. La paura è che il divario nord-sud cresca ancora e che la legge possa favorire differenti livelli di prestazione e qualità dei servizi che devono essere garantiti in modo uniforme sull'intero territorio nazionale. Per esempio in materia sanitaria o nell’istruzione.
Il tema è stato al centro della riunione della Società di Economia pubblica che ha visto il confronto fra giuristi ed economisti (gli intervistati nell’ordine: Patrizia Lattarulo coordinatrice IRPET della Regione Toscana; Giovanni Guzzetta, costituzionalista, ordinario di Diritto pubblico all’Università Tor Vergata; Gilberto Turati, ordinario di Economia finanziata Università Cattolica).