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Pechino risponde a von der Leyen: Ue cambi la sua mentalità
09 luglio 2025 alle 11:10
Pechino, 9 lug. (askanews) - L'Unione europea deve "cambiare la sua mentalità" nei confronti della Cina. Questa la risposta di Pechino, all'indomani del duro discorso della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen all'Europarlamento che ha dato il segno di un inasprimento dei rapporti politici tra Bruxelles e Pechino a pochi giorni dalla missione in Cina della stessa von der Leyen e del presidente del Consiglio europeo Antonio Costa in occasione del 50mo anniversario dell'inizio delle relazioni sino-europee."Ci auguriamo che l'Ue comprenda che ciò che va riequilibrato ora non sono le relazioni economiche e commerciali tra Cina e Ue, bensì la mentalità dell'Ue", ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning nella quotidiana conferenza stampa a Pechino, invitando l'Ue ad adottare un approccio positivo e pragmatico nei confronti della Cina, collaborando per rafforzare la cooperazione "vantaggiosa per entrambe le parti" e per "risolvere in modo adeguato le divergenze e le tensioni".Von der Leyen, in un discorso dai toni piuttosto duri, ha posto a Pechino ieri diverse questioni: lo squilibrio della bilancia commerciale, dovuta soprattutto alle barriere commerciali poste dalla Cina; la sovracapacità produttiva cinese; le limitazioni poste da Pechino all'export di minerali rari e magneti; il sostegno della Cina alla Russia, con la mancata condanna dell'invasione dell'Ucraina. Su quest'ultimo punto, Mao Ning ha risposto che "la normale cooperazione tra Cina e Russia non è rivolta contro alcuna terza parte e non dovrebbe essere ostacolata da nessuno".Il summit Cina-Ue, inizialmente previsto per il 24-25 luglio, secondo fonti diplomatiche, sarebbe stato accorciato a un solo giorno a causa delle divergenze che si sono acuito nelle ultime settimane tra Bruxelles e Pechino, in un contesto di pressione da parte degli Stati uniti di Donald Trump, che impegnano entrambe le parti separatamente in faticosi negoziati sui dazi, legati a doppio filo anche con tematiche geopolitiche in un approccio che vede Pechino come principale avversario politico per Washington e Bruxelles come concorrente commerciale.