Napoli. Il rimprovero per la fuga di un pappagallo: più che futile, è assurdo il motivo che sarebbe alla base dell’omicidio dell’ispettore di polizia Ciro Luongo, 58 anni, ammazzato a coltellate - secondo quanto ricostruito finora - dal figlio della compagna, il ventunenne Roberto Marchese, lunedì sera a Melito di Napoli. Il giovane dopo il delitto è scappato, ma è stato rintracciato un paio di ore dopo a casa del padre. Portato in questura, è stato interrogato a lungo e poi sottoposto a fermo dal Pm di Napoli nord Cesare Sirignano, che coordina le indagini. Ora è nel carcere di Poggioreale.
A raccontare l’assurdo movente del delitto sarebbe stato un testimone oculare, il figlio dell’ispettore Luongo e della sua compagna, dunque il fratellastro del presunto assassino. In una conversazione intercettata il giovane avrebbe raccontato come Luongo si sia molto arrabbiato con Marchese, colpevole di aver fatto scappare l’uccello, lasciando aperta una porta finestra. Peraltro sembra che il pappagallo nel frattempo fosse stato recuperato: un vicino ha detto che un dirimpettaio lo aveva trovato e restituito alla moglie del poliziotto. Quando è rientrata a casa, da fuori sono state udite «urla atroci»: è in questa fase che la lite tra il poliziotto e il figliastro si sarebbe fatta più accesa, fino a quando il giovane non avrebbe afferrato un coltello lungo 30 centimetri, preso probabilmente dalla cucina, ed avrebbe colpito al petto il patrigno, per poi darsi alla fuga. Sempre a sentire i vicini, in viale delle Margherite e dintorni, nessuno si aspettava un fatto del genere: fino a lunedì mai sentito di litigi o udite grida provenire dall’appartamento dell'ispettore, descritto da tutti come una «brava persona, gentile», che offriva il caffè agli addetti delle pulizie del palazzo e, dicono i suoi colleghi, era «un poliziotto esemplare».
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