Bergamo.

«Sangare era lucido quando ha pugnalato Sharon» 

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Bergamo. Quando ha accoltellato a morte Sharon Verzeni mentre faceva jogging a Terno d’Isola, Moussa Sangare era capace di intendere e di volere. Lo ha stabilito la psichiatra Giuseppina Paulillo, incaricata dalla Corte d’Assise della perizia sull’imputato per l’omicidio della barista di 33 anni, commesso la notte del 30 luglio dell’anno scorso. Già lo scorso luglio Sangare - nato 30 anni fa a Milano da genitori del Mali - era stato giudicato capace di intendere e di volere dalla psichiatra Valentina Stanga, nominata dalla gup Maria Beatrice Parati nel processo “parallelo”, celebrato in abbreviato e concluso con una condanna a tre anni e 8 mesi a Sangare per maltrattamenti alla sorella e alla madre. Dopo l’arresto, un anno fa, Sangare aveva confessato l’omicidio salvo poi ritrattare alla prima udienza, spiazzando il suo difensore Giacomo Mai. Secondo la nuova perizia ha «un disturbo misto di personalità di tipo narcisistico e antisociale e un disturbo da uso di cannabinoidi», ma i disturbi «non sono andati a influire sulla comprensione della realtà», né sono stati ravvisati disturbi della percezione o comportamenti deliranti. Sangare appare «alla ricerca di esperienze eccitanti e adrenaliniche, poco propenso a prendere in considerazione le conseguenza per sé e per gli altri e con difficoltà nell’adattarsi alle norme sociali», e di fronte alle accuse si mostra «fatuo e superficiale».

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