Quindici tonnellate di biossido di carbonio, un quintale di monossido di carbonio, 645 chili di particolato fine, poco meno di nove chili di composti organici volatili e quasi un chilo di idrocarburi policiclici aromatici: sono le sostanze che sarebbero state liberate nell’aria di Sarroch dall’incendio del 9 ottobre scorso nell’impianto di desolforazione U400 della raffineria Sarlux, dove gasolio e cherosene vengono trattati per rimuovere lo zolfo. Quella mattina, fra le 3,30 e le 5,50, sono bruciate circa 5 tonnellate di cherosene desolforato. A renderlo noto è l’assessorato regionale della Difesa dell’ambiente, che lunedì scorso ha risposto a una richiesta fatta il giorno stesso del rogo dal Comitato civico per la tutela ambientale e della salute di Sarroch.
I dati sulle sostanze non sono basati su misure reali: derivano da una “ipotesi di stima emissiva” basata su uno studio statunitense su un “caso realistico di combustione di cherosene in condizioni moderatamente ventilate”, e sono contenuti in un rapporto elaborato dalla stessa Sarlux che include anche misure correttive e preventive per ridurre il rischio di nuovi incidenti.
La diffida
La risposta non soddisfa il Comitato presieduto da Giampaolo Masu, che martedì scorso ha inviato via pec una diffida all’assessorato regionale, invitandolo a fornire “i dati reali del sistema di monitoraggio Cems della torcia”, previsto dalla normativa Seveso. Tuttavia, si legge nel documento dell’assessorato regionale, la raffineria ha diritto a una sorta di segreto industriale: poiché è classificata come “a rischio di incidente rilevante di soglia superiore”, al pubblico possono essere comunicate solo informazioni sugli aspetti ambientali, senza entrare in dettagli impiantistici o operativi, inclusi quelli su sostanze e procedure interne.
«Non siamo contro la raffineria», rilancia però il Comitato civico: «Siamo contro l’occultamento dei dati. La salute non si stima: si misura».
Immissioni ed emissioni
Gli unici dati reali comunicabili (e comunicati) sono quelli delle centraline di monitoraggio della qualità dell’aria (Censa2 e Censa3), dai quali il 9 ottobre non risultano variazioni significative rispetto ai valori storici né superamenti dei limiti di legge. Ma le centraline fanno parte di una rete regionale che, sottolinea l’assessorato, misura la qualità dell’aria (immissioni), mentre la verifica puntuale delle emissioni dirette richiederebbe campionamenti “a bocca di camino”, direttamente sugli impianti.
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