Una partita doppia che ha messo a dura prova il centrodestra. Da un lato il caos sulla manovra, segnato dai puntigli della Lega sulle pensioni. Dall’altro il prossimo decreto per gli aiuti all’Ucraina, con la necessità di trovare un compromesso sul sostegno a Kiev. Oltre all’incertezza sui tempi, cioè se sarà varato dal governo prima o dopo Natale. Le due date possibili rimangono quelle di lunedì 22 o lunedì 29 dicembre.
Tensione
Nel frattempo, la manovra ha trovato la sua forma definitiva dopo ore di tira e molla, emendamenti aggiunti, corretti e ritirati. Una pace su cui hanno sicuramente pesato l’irritazione della premier e la preoccupazione per i rischi di uno scontro aperto in maggioranza su un tema complesso come la legge di Bilancio. Diverso è il discorso sulle armi all’Ucraina. Qui - è il ragionamento - le distanze sono più ammesse e comprensibili, insieme alla consapevolezza che comunque finora sulla politica estera il voto della coalizione alla fine è sempre stato unitario.
I rilievi del Colle
Sulla manovra, invece, i rischi per la tenuta del governo sono maggiori. E non hanno aiutato nelle scorse ore gli annunci di decreti extra manovra su cui far confluire le norme rimaste fuori (come gli impegni sulle Zes, le zone economiche speciali). Decreti sbandierati dai partiti, a cominciare dalla Lega, e condivisi anche dal leader di Forza Italia Antonio Tajani, meno di un’ora prima di essere convocato a Palazzo Chigi. Il rischio di rilievi da parte del Quirinale per il ricorso a uno strumento come il decreto (poco consono, per impegni di spesa e portata, rispetto alla manovra finanziaria) ha fatto il resto. Timori che - si ragiona nella maggioranza - devono aver innescato nel governo un meccanismo di auto-censura. Da qui la ricomposizione delle tensioni e la ricerca di soluzioni ad hoc in tempi rapidissimi.
Borghi sorride
Resta agli atti, nella Lega, il ruolo di bastian contrario che il senatore Claudio Borghi rivendica a distanza di ore, specie sul riscatto della laurea a fini pensionistici. «Se qualcuno pensava che il lavoro del senatore di maggioranza fosse quello di dire sempre di sì, mi sa che non ha capito bene», scrive su X. Prendendosi poi, sul web, i ringraziamenti di quanti lo applaudono per non aver mollato. Sul tavolo resta il nodo degli aiuti all’Ucraina. Intanto il lavoro sul testo del provvedimento continua. Il punto di caduta starebbe in un paio di espressioni, ritenute imprescindibili dalla Lega. Quella che specifica che gli aiuti siano di carattere «civile e umanitario», e un esempio sono i gruppi elettrogeni e i generatori che possono contribuire a salvare vite nelle sale operatorie. L’altro passaggio richiesto dal Carroccio è che le armi inviate siano di tipo difensivo e quindi non a lungo raggio. E che nel partito di Salvini la tensione sia alta lo dimostrano anche le parole (pur ironiche) del ministro dell’Economia Giorgetti, costretto a rimodellare vorticosamente la manovra da un’ora all’altra: «Alle dimissioni ci penso tutte le mattine, sarebbe la cosa più bella da fare, per me personalmente… ma siccome è la ventinovesima manovra di bilancio che faccio so come funzionano le cose», ha detto ieri ai cronisti.
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