All’indomani del via libera del Cdm al decreto che rinnova gli aiuti militari e civili all'Ucraina, la premier Giorgia Meloni partecipa in collegamento al vertice di coordinamento tra i leader. In una riunione che ha consentito di affinare posizioni già condivise, la premier tiene la barra dritta. E ribadisce il pieno sostegno a Kiev per una pace «giusta e duratura».
Ma, in vista dell’approdo del decreto in Aula, resta alta la tensione nelle file della maggioranza. Con mal di pancia e fibrillazioni soprattutto all'interno della Lega. Ad agitare i leghisti sono ancora il vicesegretario Roberto Vannacci, da una parte, e il “negoziatore” del testo del dl armi Claudio Borghi. Uno spera che il decreto non passi, l’altro annuncia che non lo voterà.
Posizioni che gettano scompiglio tra parlamentari e ministri alla prese con il voto della manovra. Un aspro botta e risposta, seppur a distanza, va in scena tra i corridoi di Montecitorio. Dove spopola il post dell’europarlamentare e vicesegretario leghista. «I negoziati arrancano. Intanto il governo proroga fino al 2026 gli aiuti militari all'Ucraina. Altre armi, altri soldi. Stessa linea. Una linea che non ha fermato la Russia e ha portato guerra, instabilità, caro energia e crisi in Europa», scrive Vannacci. Che così si contrappone anche allo stesso Borghi, il quale invece si dice «soddisfatto» del testo del decreto. Poi il vicesegretario torna a insistere con il suo invito sul decreto armi: «La parola al Parlamento. Spero dica no». Parole che infastidiscono diversi deputati leghisti e non solo.«Premesso che il segretario si chiama Salvini, io farò quello che dirà il mio segretario, non quello che dice il vicesegretario». Parole del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che dalla Camera stoppa Vannacci e chiama in causa Salvini. Il segretario, però, non esce dal silenzio.
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