luglio rovente

La denuncia della Cgil: «Mancano le tutele per i lavoratori al caldo» 

Il sindacato: violazioni in molte aziende, dalle divise invernali al divieto di bere 

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Lo scenario è apocalittico: lavoratori costretti in questi giorni torridi a indossare divise invernali, in ambienti non climatizzati o che lo sono in modo inadeguato, per di più rimproverati se si fermano un istante per bere un bicchiere d’acqua. Roba che non è venuta in mente nemmeno ad Alex Haley, quando scrisse “Radici”. Non è l’America del Settecento-Ottocento, ma secondo Nella Milazzo, segretaria della Filcams (lavoratori di terziario, turismo e servizi) della Cgil sarda, «le norme sono spesso violate in tutta l’Isola, ad esempio negli appalti per le pulizie di alcuni ospedali a Cagliari, Sassari e Olbia, e in quest’ultima città anche all’aeroporto, nelle cucine e nelle aree di distribuzione dei pasti a Teulada e nelle mense di alcuni stabilimenti industriali». Fuori ci sono 35 gradi, dentro si brucia.

«Dipendenti ignorati»

Situazioni al limite, fortunatamente tutt’altro che ordinarie, ma per ogni lavoratore che presta servizio in queste condizioni c’è un collasso in agguato. La Cgil lo denuncia: «In tanti negozi sardi il caldo fiacca gli addetti alle vendite e i clienti, con la differenza che i primi lo sopportano per interi turni. «Ci sono situazioni al limite della disumanità», denuncia Milazzo, cioè «datori di lavoro che richiamano i dipendenti perché interrompono l’attività il tempo per bere un sorso d’acqua, e questo accade nonostante, in caso di temperature elevate, il datore di lavoro abbia diversi obblighi, ad esempio la fornitura di acqua, divise fresche e, se necessario, pause aggiuntive».

I gironi infernali

Per questo, la Filcams Cgil sarda chiede un «cambio di paradigma» alle imprese e misure di sostegno a chi governa. «Le risposte della Regione alle sollecitazioni dei sindacati sono importanti», sottolinea la segretaria, «ma non bastano, occorre un impegno straordinario e vigilanza affinché le norme siano rispettate. Il Testo unico sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro indica precisi obblighi, che poi sono disattesi. Il caso del datore di lavoro che pretende che si beva solo nella pausa programmata è emblematico», conclude Milazzo, che chiede anche la revisione degli impianti di climatizzazione più vetusti.

Regole chiarissime

In effetti, esporre inutilmente a lungo i lavoratori a temperature torride e senza contromisure è una violazione delle norme, non una questione di semplice cortesia. Lo fa Antonello Termini, direttore dello Spresal (Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro) dell’Asl 8 di Cagliari. «Un’ordinanza sospende il lavoro, dalle 12,30 alle 16, in edilizia, aziende florovivaistiche e agricole», premette Termini, «ma non dobbiamo trascurare altiforni, mense e lavanderie industriali, dove le temperature sono altissime ed è opportuno che vi siano zone climatizzate dove i lavoratori possano refrigerarsi». Le zone-cuscinetto, le chiamano in gergo. Sono obblighi del datore di lavoro che esistono dal 2008, data del decreto legge 81, «e noi vigiliamo affinché quella norma sia rispettata».

Controlli e sanzioni

E lo è? Termini, a capo di un ufficio competente per il territorio dell’ex Provincia di Cagliari (quando erano quattro), lo assicura: «Inviamo gli ispettori dopo ogni segnalazione». E se di solito le norme “anti-caldo” «sono rispettate», aggiunge il direttore dello Spresal, le sanzioni per la violazione delle regole su questo problema non mancano: «In media, sono una cinquantina ad ogni estate nella provincia». Certo, nell’azienda dove si guasta improvvisamente il condizionatore si stringono i denti per uno, massimo due giorni, «ma le condizioni di benessere devono essere subito ripristinate». In caso contrario arrivano le sanzioni che, nei casi più gravi, possono essere di carattere penale. «Anche perché, con il cambiamento del clima», conclude Termini, «la situazione si farà sempre più critica».

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