Doveva essere un fine settimana all’insegna del relax tra mare ed escursioni nella costa tunisina. Ma il viaggio si è trasformato in un incubo per una comitiva di cinque imprenditori, professionisti e medici di Carbonia, partita giovedì scorso verso il nord Africa a bordo di una barca. «Siamo stati trattati come criminali. In due giorni è successo di tutto», dice Luciano La Mantia, operatore turistico 68enne.
L’arrivo in Africa
I cinque amici partono giovedì dal Sulcis verso Tabarca. Si fermano nell’isola di La Galit per visitare il parco naturale e le spiagge. Ma non fanno in tempo a godersi la giornata di relax perché arrivano due militari della marina tunisina.
«Ci hanno detto che dovevamo arrivare nel porto di Tabarca per una serie di controlli – racconta La Mantia – una volta raggiunti gli uffici della dogana ci hanno chiesto i documenti, hanno controllato tutte le borse in modo molto accurato e preso le nostre impronte digitali. Siamo stati anche sottoposti al rito della foto segnalatica, quasi come se fossimo in arresto. Queste operazioni si sono prolungate per più di quattro ore. Chiedevamo spiegazioni sul perché di questi tempi lunghissimi, ma non ci rispondevano. Ci sono stati momenti di grande preoccupazione. Non avevo mai vissuto una situazione simile».
Il secondo giorno
«Venerdì – racconta l’imprenditore di Carbonia – abbiamo deciso di fare un bagno. Quando stavano andando via siamo stati avvicinati da due poliziotti. Ci hanno detto di seguirli in caserma. Abbiamo provato a spiegare che il giorno precedente avevamo già fatto i controlli alla dogana. I documenti erano in regola. Non avevamo niente di cui preoccuparci. Uno dei due agenti ci ha fatto capire che non gli interessava delle cose fatte il giorno precedente. E via di nuovo con verifica dei passaporti e il rito delle impronte digitali. A quel punto abbiamo pensato che non c’era più tempo da perdere. Torniamo in Sardegna, ci siamo detti».
Il viaggio di ritorno
I cinque professionisti partono da Tabarca diretto verso La Galit. «È un punto intermedio nella navigazione verso la Sardegna – spiega La Mantia –. Una volta partiti ci hanno chiamato via radio. “Tornate indietro a Tabarca”. Abbiamo risposto che non era possibile in quanto c’era un’avaria nella barca e il mare era mosso. Loro hanno insistito, ma non siamo tornati al porto, dove ci attendevano nuovi controlli. Abbiamo viaggiato per tutta la notte al buio, con grandi difficoltà. Finalmente siamo arrivati a Portoscuso e abbiamo tirato un sospiro di sollievo per la fine di questo incubo. Ci hanno trattato come delinquenti. I controlli erano davvero ossessivi. Forse è anche per questo che a Tabarca non c’erano turisti. In Italia non ci sono tutte queste procedure. Forse siamo troppo permissivi. Non ero mai stato in Tunisia. E non ci andrò mai più».
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