Il giallo di Tuvixeddu.

In cantiere una super-perizia 

Servirà un nuovo esperto per capire com’è morta la sedicenne Manuela Murgia 

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Una super-perizia per stabilire com’è morta Manuela Murgia, la 16enne trovata senza vita nel febbraio 1995 alle pendici del canyon di Tuvixeddu. A chiederla, una volta completati a dicembre gli accertamenti del Ris dei Carabinieri sulle tracce biologiche recuperate dai vestiti della ragazza, potrebbe essere lo stesso procuratore aggiunto Guido Piani, titolare da trent’anni del fascicolo d’indagine riaperto lo scorso febbraio per la seconda volta (e sempre con l’ipotesi di omicidio volontario) dopo una consulenza medico-legale depositata dalla famiglia della giovane. Comunque vadano gli accertamenti sulle tracce di Dna, la Procura dovrà prima avere chiare le cause del decesso della giovane, se vi sia stata o meno violenza e se, cosa più importante, la morte possa essere ricondotta a un «maleficio». Una condizione indispensabile, dunque, per superare la pista del suicidio a favore di quella dell’omicidio, per ora solo un’ipotesi, che vede indagato l’ex fidanzato 54enne Enrico Astero.

A caccia di Dna

Nei laboratori della caserma di San Bartolomeo i Ris hanno iniziato la comparazione del dna del parrucchiere con l’unica traccia al momento confrontabile, un pelo con profilo maschile recuperato dai vestiti. Astero, difeso dall’avvocato Marco Fausto Piras, quell’esame l’ha già fatto fare al suo consulente, l’ex generale del Ris di Parma, Luciano Garofano, ottenendo una risposta netta: non ci sarebbe alcuna concordanza tra il suo profilo genetico e quello del reperto. I carabinieri del reparto investigazioni scientifiche – guidati dai colonnelli Andrea Berti e Marco Palanca – ne avrebbero in mano altri 18, sempre con profili maschili (su 80 individuati negli abiti), ma sono in corso i trattamenti di tipizzazione per verificare se saranno comparabili. L’11 dicembre i militari dovranno poi riferire al gip Giorgio Altieri, nel corso dell’udienza di incidente probatorio, confrontandosi con il consulente della difesa, il generale Garofano, e con quello della famiglia Murgia, il genetista di fama mondiale Emiliano Giardina. L’esito della prova si avrà solo al termine del contraddittorio tra le parti.

Servono risposte certe

Ma sulla morte di Manuela Murgia restano ancora aperte troppe domande e pochissime risposte certe. Com’è morta la ragazza? È stata uccisa? C’è stata violenza? Chi ha incontrato e con chi ha trascorso le ultime ore di vita? Per fare chiarezza sui primi tre interrogativi potrebbe essere necessaria una super-perizia: un passaggio che potrebbe rivelarsi indispensabile per il prosieguo dell’indagine e, eventualmente, per la possibilità di celebrare in futuro un qualsiasi processo per omicidio. L’autopsia effettuata dai consulenti del pm Guido Pani, il medico legale Francesco Paribello e l’anatomopatologo Giuseppe Santa Cruz, si chiudeva con la morte fatta risalire tra le 18 e le 2 del mattino del 4 febbraio 1995. I due esperti della Procura avevano sostenuto che Manuela Murgia fosse caduta dal canyon di Tuvixeddu e che la dinamica fosse accidentale o un suicidio. La consulenza, depositata il 19 giugno 1997, confermava che non erano state rilevate lesioni o segni lesivi riferibili a una violenza sessuale.

Le carte riesaminate

Trent’anni dopo, invece, il medico legale Roberto Demontis, incaricato dalla famiglia, ha rivisto i documenti e le immagini dell’esame autoptico, ipotizzando che la ragazza potrebbe essere stata investita volontariamente e che sul corpo ci sarebbero stati i segni di un rapporto sessuale «energico». Da qui la riapertura delle indagini nei confronti di Astero che, dopo il 2010, era stato già iscritto nel registro degli indagati dal pm Pani per il presunto omicidio dell’ex ragazza, dopo la riapertura dell’inchiesta, quando la Procura e la Squadra Mobile (guidata all’epoca dal dirigente Leo Testa) avevano saputo dalla famiglia dei soldi volati giù da una plafoniera (si parla di circa centomila lire in banconote di piccolo taglio), elemento sconosciuto agli inquirenti per quasi 15 anni.

La condizione

Visto il tempo passato, la super-perizia potrebbe risultare indispensabile: senza la certezza che si tratti di una morte per “maleficio” (in gergo tecnico), non può esserci un’imputazione per omicidio. Il consulente del pm Paribello avrebbe confermato le proprie conclusioni, che divergono da quella di Demontis. E non solo. A prescindere dalla posizione dell’attuale indagato, che si professa da sempre del tutto estraneo ai fatti, affinché l’indagine si possa chiudere con una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di chiunque, sarà necessario che si vada oltre le ipotesi e che si arrivi a un’imputazione di «omicidio volontario aggravato». Qualsiasi altro reato rischia di essere già prescritto.

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