La processione del rientro di Sant’Efisio a Cagliari è stata caratterizzata da uno spiacevole imprevisto: nella tappa di Villa San Pietro, mentre veniva collocato all’interno del cocchio, il simulacro ha riportato la rottura dell’indice della mano destra. La statua, come avviene ogni volta, avrebbe dovuto essere inserita nel cocchio di taglio per passare attraverso l’apertura: una manovra poca accorta, invece, ha fatto sì che la mano destra andasse a sbattere contro una delle ante. L’indice si è staccato di netto.
«La prima volta era capitato nel 1943», ricorda Andrea Loi, presidente dell’Arciconfraternita del Gonfalone: «L’unico danno che il simulacro riportò durante i bombardamenti fu proprio la rottura di quel dito. Incidenti simili sono capitati altre volte, l’ultima qualche anno fa a Su Loi. Sciolto il voto affideremo il simulacro alle mani della Soprintendenza, con la quale abbiamo siglato un protocollo anche per il restauro ordinario e straordinario dei due carri».
L’itinerario di rientro
Muniti di ombrelli e impermeabili per scacciare la pioggia, i pellegrini erano partiti da Pula molto presto: neppure il cielo grigio e la minaccia continua di rovesci ha impedito loro di accompagnare il santo nel lungo viaggio di rientro. In tarda mattinata la processione ha fatto tappa a Sarroch: come la notte dell’arrivo in paese, un bagno di folla ha accompagnato il passaggio del simulacro sino alla chiesa parrocchiale di Santa Vittoria, dalla quale – dopo la messa – il corteo religioso è ripartito alla volta di Villa d’Orri. Nello splendido parco della famiglia Manca di Villahermosa, che come uno scrigno custodisce la piccola cappella dove il santo fa tappa sia all’andata che al ritorno, l’attesa del santo è anche l’occasione per pranzare all’aria aperta, e fare due passi in riva al mare.
Suoni antichi e miracoli
L’inossidabile maestro Luigi Lai, che ha tramandato a intere generazioni l’arte di suonare le launeddas, ricorda ancora la sua prima volta tra gli antichi ficus di Villa d’Orri: «Vengo qui dal 1972. All’inizio ero l’unico a suonare questo strumento. L’Arciconfraternita temeva che nessuno avrebbe portato avanti questa tradizione ma dopo che aprii la mia scuola con i primi cento allievi, la launeddas sono tornate in auge e oggi impreziosiscono non solo la processione di Sant’Efisio ma tanti riti religiosi della nostra terra».
Il miracolo di Sant’Efisio è che riesce ad avvicinare anche chi non si ritiene un credente fervente, come Patrizia Salis, di Sarroch: «Non vado tutte le domeniche a messa – confessa – ma in queste occasioni mi ritrovo dentro il cocchio a pregare con tutti gli altri fedeli. È una festa che sento nel profondo». Tommaso Foscarini, da 29 anni trapiantato a Pula dalla provincia di Lecce, ha capito subito cosa rappresenti il Martire Guerriero per chi è cresciuto in questa zona: «La prima volta che ho partecipato alla processione ho visto mia moglie piangere, e anche le altre persone al seguito del santo avevano le lacrime agli occhi. C’è voluto poco affinché Sant’Efisio entrasse anche nel mio cuore».
Quando i buoi riescono a farsi largo nello stretto tunnel che conduce alla corte di Villa Siotto, un lungo applauso accoglie l’arrivo del simulacro: dopo la messa il viaggio riprende alla volta di Maddalena spiaggia, dove – come all’andata – sono tantissimi i fedeli che lo attendono per l’ultimo saluto prima del viaggio verso Cagliari.
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