La febbre del Nilo occidentale è una malattia causata da un virus neurotropico (cioè che tende a colpire il tessuto nervoso) identificato nel 1937 in Uganda, a ovest del corso iniziale del Nilo. È presente ormai stabilmente in Europa e occupa un posto di rilievo tra le emergenze infettive.
I casi a oggi riportati in Italia – spiega il professor Aldo Manzin – sono in linea con quanto successo negli anni precedenti (2022: 588 casi, 37 morti; 2023: 332 casi, 27 morti; 2024: 460 casi, 20 morti), anche se fino a inizio autunno è presumibile un incremento notevole, dovuto a una serie di fattori, primo fra tutti l’estensione del periodo di alte temperature associate a tassi di umidità elevati. E questo significa che il numero “reale” di casi di infezione supererà facilmente la stima di 15000-20000, dal momento che solo il 10% circa delle infezioni si accompagna a sintomi evidenti, mentre la stragrande maggioranza di esse decorre in assenza totale di segni e sintomi di malattia.
A livello mondiale, secondo i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie degli Stati Uniti – sottolinea l’igienista Sergio Pili – nel 2024 sono stati segnalati 1500 casi di malattia da virus del Nilo occidentale in 49 stati, nella stragrande maggioranza con fenomeni neuroinvasivi. Nel 2024, diversi paesi europei hanno segnalato casi umani di febbre da virus del Nilo occidentale e il rapporto più recente sui rischi di malattie trasmissibili, pubblicato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie il 23 luglio 2025, ha certificato casi umani di infezione da WNV in tre paesi europei (Grecia, Italia e Romania). A giugno scorso, la Commissione paneuropea per il clima e la salute ha sottolineato i gravi rischi causati dai cambiamenti climatici, tra i quali la diffusione di zanzare e zecche (con aumento del rischio di dengue, malaria, febbre del Nilo occidentale ed encefalite da zecche) in Paesi che non avevano mai registrato in precedenza queste malattie.
La vera arma è la prevenzione – avverte Maria Valentina Marras, direttrice del Dipartimento di Igiene e Prevenzione della Asl 5 di Oristano: «È importante che i cittadini, in particolare anziani e fragili, si proteggano, in primo luogo evitando i ristagni d’acqua, dove proliferano le larve di zanzara. Per questo è necessario svuotare di frequente sottovasi di fiori, secchi, cambiare spesso l’acqua delle ciotole per animali; tenere le piscine per bambini vuote o coprirle; trattare con prodotti larvicidi tombini e pozzetti; verificare che le grondaie siano pulite e non ostruite; schermare porte e finestre con zanzariere, utilizzare repellenti cutanei, evitare di sostare in zone in cui sono presenti laghetti artificiali e ristagni d’acqua, come giardini e parchi, in particolare all’imbrunire e di notte, quando le zanzare sono più attive».
Anna Paola Corda, dirigente del Servizio di Sanità animale della Asl 5, aggiunge: «Se si trova un volatile morto, è necessario contattare la Asl».
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