A pochi giorni dalla dichiarazione di incostituzionalità di una parte della legge 20, il mondo dei Comitati propone quella che pare essere l’unica chance ancora sul tavolo: «Approvate la Pratobello24, non c’è altra difesa per bloccare questo assalto». E poi: «Perché, se le aree sono non idonee, si può fare qualsiasi cosa?». In particolare, il Comitato Gallura, entrando nel merito della sentenza della Consulta, ha fatto notare: «La sentenza cita, ma di fatto svilisce, il regolamento Ue 2024/1991 (Nature Restoration Law), che concede agli Stati membri la facoltà di escludere la presunzione di "interesse pubblico prevalente" per le Fer in aree sensibili», dice la portavoce, Maria Grazia Demontis. «Non cogliendo questa prerogativa europea, la Corte non solo disattende il principio di precauzione, ma trasforma la propria interpretazione in un ostacolo dogmatico insormontabile. Infatti, cristallizza una gerarchia di valori dove l’industria energetica gode di una presunzione di liceità assoluta, mentre la vita degli ecosistemi viene relegata a una condizione di perenne subalternità. Questo dogma nega la realtà scientifica della biodiversità, che per sua natura richiede zone di intangibilità assoluta e non mediazioni burocratiche caso per caso». Insomma, rifiutando l'esistenza di aree non idonee ex lege , la Consulta trasforma «la protezione territoriale in un guscio vuoto, privo di potere interdittivo reale». Per i Comitati, si passa così dalla tutela del bene comune alla gestione del suo smantellamento: «Un paradosso, dove il recupero della biodiversità viene sacrificato proprio in nome della transizione ecologica», chiosa Demontis, «rendendo la sentenza una condanna all'industrializzazione indiscriminata dei territori più fragili».
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