Esattamente 36 anni fa veniva ucciso Leonardo Vitale, il primo pentito di Cosa Nostra dal dopoguerra in poi.

La sua fu una conversione autentica, come sottolineato anche da Giovanni Falcone nella sentenza di rinvio a giudizio per il maxi processo.

"Il mio crimine è stato quello di essere nato e cresciuto in una famiglia di tradizioni mafiose, e di aver vissuto in una società dove tutti sono mafiosi e per questo rispettati, mentre quelli che non lo sono vengono disprezzati", ebbe modo di dire Vitale.

Palermitano, a 19 anni viene affiliato a Cosa Nostra. Nel '73, quando di anni ne ha 32, si presenta in Questura a Palermo e racconta tutto all'allora capo della Mobile Bruno Contrada: si autoaccusa di due omicidi e di altri reati, fa diversi nomi tra cui quelli di Totò Riina e Vito Ciancimino. Rivela l'esistenza di una commissione e descrive il rito d'iniziazione oltre all'organizzazione delle famiglie mafiose.

Le sue rivelazioni portano a una quarantina di arresti. Lo stesso Vitale finisce in carcere per le sue dichiarazioni e poi - sottoposto a numerose perizie - viene rinchiuso nel manicomio criminale di Barcellona Pozzo di Gotto.

Quando viene dimesso, nel 1984, viene ucciso con due colpi di lupara alla testa sotto gli occhi della madre. L'assassino, mai identificato, lo raggiunge all'uscita dalla chiesa dei Cappuccini di Palermo, dove Vitale era andato a messa.

(Unioneonline/L)

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