Presidente Sangalli, a ottantadue anni sempre in campo.

(Ride). «Ehhhh... non dica quel numero»!

Perché?

«Sa cosa diceva Pablo Picasso? "Serve molto tempo a restare giovani"».

Questi anni non se li sente?

«Posso sfidarla a tennis e batterla agevolmente. Anche nuoto a farfalla, se vuole. Tuttavia non dimentico mai la mia carta d'identità».

Lei è stato deputato dal 1968 al 1994, dal 2006 guida Confcommercio. Come è cambiata la Repubblica sotto i suoi occhi?

«Ho iniziato da ragazzo nella Dc, ero ancora all'università. Tutto è cambiato, Resto convinto della centralità della politica, che richiede oggi una sussidiarietà operosa da parte di forze politiche, corpi intermedi, parti sociali».

Si sente un uomo del passato?

«No. La tenuta del sistema democratico si gioca proprio su un tema di "metodo" nell'impegno comune, e nei "contenuti" per ripensare insieme una stagione di riforme coraggiose».

I vostri ultimi dati sui consumi non sono incoraggianti. Non crede alla ripresa?

«I numeri sono severi: per i consumi, una caduta su base annua, a giugno, del 15% e di quasi il 30% nel complesso del secondo trimestre. Per turismo, abbigliamento, automotive e trasporti, la situazione è particolarmente critica».

E il Pil?

«Per il 2020 stimiamo una riduzione del 9-10%. Per questo bisogna reagire con tempestività e determinazione».

Niente proroga a settembre dei versamenti fiscali. È un problema per voi?

«Certo, e anche molto grave. Questi dati rendono chiaro quanto sia difficile la situazione e quanto sia profonda la crisi di fatturato e liquidità».

Più liquidità. Siete stati ascoltati?

«Lo abbiamo chiesto con forza dall'inizio dell'emergenza Covid, e ancora il nodo non è stato sciolto. Resta necessaria una strategia di sostegno pubblico focalizzata su indennizzi robusti da riconoscere alle imprese in misure proporzionali alle perdite subite».

E poi che serve?

«Congrue moratorie fiscali, efficaci meccanismi di accesso al credito, misure di supporto per gli affitti commerciali. Vorrei interventi urgenti a sostegno di consumi e domanda interna, anche sul versante fiscale: dalla riduzione del cuneo sul costo del lavoro a quella delle aliquote Iva».

Si farà la riforma fiscale? Voi cosa chiedete?

«È la "madre" di tutte le riforme. Bisogna conciliare crescita, coesione sociale e territoriale, finanza pubblica, costruire un sistema fiscale più semplice, certo e più equo».

Mi dica un tema di cui non si parla abbastanza.

«Vorrei una equa web tax, che dovrebbe essere affrontata nel contesto della riforma fiscale Ue di cui si sta discutendo proprio ora».

Se torna il virus che si fa?

«Risposta obbligata: sempre e comunque, prudenza. Per rispondere con tempestività e selettività. Anche l'OMS ha segnalato la necessità di una sorveglianza sanitaria sofisticata e sensibile».

E il rischio di un nuovo lockdown?

«Totale e generalizzato? Avrebbe costi economici e sociali ingestibili!».

Rischiamo un autunno caldo?

«Dobbiamo riprendere tutte le attività produttive, con attenzione tanto all'efficacia e all'efficienza degli ammortizzatori sociali, quanto a misure strutturali di riduzione del costo del lavoro».

La cosa più urgente?

«Rinnovare regole e politiche per creare un sistema Paese che funzioni meglio e che, investendo meglio, punti su ricerca e sviluppo, innovazione e digitalizzazione, trasporti e logistica. Senza dimenticare il tema centrale della semplificazione, in sicurezza, della Pubblica amministrazione».

Sono serviti gli Stati Generali?

«Lo vedremo dal modo in cui idee e proposte si tradurranno in progetti per la mobilitazione delle risorse europee».

Voi cosa avete portato in quel consesso?

«Il bisogno di valorizzare straordinarie opportunità di cui il nostro Paese dispone: coesione territoriale, ripartenza del turismo, risorsa cultura, la riorganizzazione delle città e il nuovo ruolo del commercio di prossimità, le aggregazioni di rete e di filiera del tessuto dell'impresa diffusa, lo sviluppo dei servizi professionali. Il made in Italy e l'Italian way of life».

La politica è cambiata.

«È vero. Ma resta fermo che la cifra della buona politica è sempre la stessa: la lungimiranza concreta. Grande attenzione alle urgenze, ma anche la responsabilità di un progetto che guarda all'Italia e all'Europa».

Come giudica il lavoro di Confcommercio in Sardegna?

«Bertolotti ha lavorato bene, e la sua promozione nel direttivo nazionale è il riconoscimento di questo lavoro. Appena possibile, dopo il rinnovo dei vertici nazionali, vareremo la nuova squadra valorizzando tutte le risorse di cui disponiamo».

Cosa vuole nella nuova Confcommercio?

«Per affrontare le sfide post pandemia, le imprese chiedono nuove competenze, nuove tecnologie economie di scala e di scopo. Saremo con loro per fare fronte a queste sfide. Dunque, prima di tutto, digitalizzazione, nuove tecnologie e globalizzazione. La mia nuova classe dirigente deve partire da qui».

C'è ancora un ruolo per la borghesia, in Italia?

«Il tema è di grande attualità. Una nuova classe dirigente, espressione di un ceto medio fatto di 6 milioni di imprese e lavoro autonomo deve dire due cose».

Quali?

«Da un lato essere l'espressione più "popolare" di quell'economia diffusa e rasoterra che è la cifra del nostro Paese. Dall'altra rimettere in gioco giovani e donne, che proprio nel terziario trovano la loro più piena cittadinanza. Però...

Cosa?

«Con 270 mila imprese che rischiano di chiudere l'esistenza di questa borghesia è un tema di tenuta sociale. Le associazioni d'impresa hanno un ruolo decisivo, come dimostra l'impegno e la passione di Confcommercio Cagliari in questa stagione».

Tutte le sciagure hanno effetti positivi. Secondo lei ce ne sono stati persino nel Covid?

«Il lockdown ha sedimentato una nuova digitalizzazione quotidiana, ma il digitale non deve diventare una fede. È uno strumento e come tale va trattato. Il senso della nostra economia, dello stesso Made in Italy, è altrove: nei territori, nell'economia reale, nella socialità, nelle persone».

Luca Telese

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