Il Pecorino Romano Dop non è soltanto un formaggio, ma un simbolo della cultura pastorale e del legame millenario tra uomo, territorio e allevamento.

Lo ha ribadito con forza Daniele Caddeo, coordinatore di Agrinsieme Sardegna, intervenendo nel vivo dibattito sulla proposta di modifica del disciplinare produttivo della Dop, che in questi mesi sta dividendo istituzioni, produttori e rappresentanze del mondo agricolo.

«La Denominazione di Origine Protetta del Pecorino Romano è un bene pubblico dell’Unione europea – ha dichiarato Caddeo – con l’obiettivo di salvaguardare le popolazioni rurali e il loro sistema economico e sociale. Il suo valore fondante è proprio il legame con il territorio».

Un legame che passa anche per la valorizzazione delle razze ovine autoctone, come la pecora sarda, la Nera di Arbus, la Comisana, la Massese, la Vissana, la Sopravissana e quella dell’Amiata. Razze storicamente radicate nei territori di Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto, dove nasce il vero Pecorino Romano.

Nel cuore del confronto – che coinvolge Regione, il Consorzio di Tutela, le cooperative e gli allevatori – c’è proprio la necessità di riconoscere e proteggere queste razze tradizionali come elemento distintivo e qualificante della Dop.

Caddeo ha precisato: «Non siamo contrari alla libera scelta degli allevatori di utilizzare razze esotiche, come quelle francesi o israeliane. Ma è sbagliato che il latte di queste pecore venga usato per produrre formaggi a denominazione come il Pecorino Romano, il Fiore Sardo e il Pecorino Sardo».

Secondo il coordinatore regionale di Agrinsieme, non tutte le pecore sono uguali. Le razze locali, come la sarda, sono “camminatrici”, vivono al pascolo brado e si nutrono di erbe spontanee, conferendo al latte proprietà organolettiche uniche. «Un latte, dunque, non replicabile con animali allevati al chiuso e nutriti con mangimi industriali».

Non a caso, Caddeo ha sollevato dubbi anche sulla comunicazione istituzionale e commerciale del Pecorino Romano: «La campagna pubblicitaria che condividiamo – ha detto – insiste su concetti come ‘animali liberi al pascolo’ e ‘pecora sarda’. Ma o il latte arriva davvero da quelle pecore, oppure il messaggio rischia di diventare fuorviante. Le due cose non possono essere vere contemporaneamente».

Agrinsieme chiede dunque che il disciplinare della Dop venga aggiornato in modo coerente con la realtà produttiva tradizionale, includendo l’elenco delle razze ovine autoctone e rafforzando il legame con i territori e le comunità locali. «Difendere la DOP significa difendere le nostre radici, le nostre campagne, le nostre tradizioni pastorali», ha concluso.

(Unioneonline/Fr.Me.)

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