La querelle tra Vivendi e Mediaset prosegue a colpi di denunce incrociate.

Il colosso francese ha chiesto infatti un risarcimento danni per diffamazione, in merito alla "campagna mediatica" che si sarebbe scatenata dopo il mancato rispetto del contratto di cessione della pay tv Premium.

La mossa è arrivata durante la prima udienza della causa civile intentata da Mediaset, che chiede l'esecuzione del contratto firmato l'8 aprile 2016: accordo che prevedeva la vendita di Premium e lo scambio azionario tra il Biscione e Vivendi (oltre a una penale di 50 milioni di euro per ogni mese di ritardo nell'attuazione).

Cologno Monzese pretende quindi di essere ripagata per il "tradimento" dei patti. Ma anche la capogruppo Fininvest ha avviato un'azione legale, indicando in 570 milioni di euro il valore del calo delle azioni Mediaset e dell'"elevatissimo danno di immagine". Motivo per cui il giudice del Tribunale di Milano ha deciso di riunire i due procedimenti.

Se dunque i francesi hanno risposto contrattaccando (con il deposito di una domanda riconvenzionale di risarcimento danni per diffamazione), il Biscione non è però rimasto a guardare. E anzi, proprio oggi ha a sua volta presentato una querela per diffamazione contro Vivendi, e legata ad alcune affermazioni pubbliche del ceo Arnauld de Puyfontaine circa la ricostruzione dei fatti.

In un'intervista al Financial Times di ieri, il manager ha definito "ingannevoli" le informazioni fornite da Mediaset prima dell'accordo. In particolare, de Puyfontaine ha dichiarato che Premium era stata venduta da Mediaset come fosse "una Ferrari", mentre in realtà era una "Fiat Punto".
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