Il blitz doveva restare segreto. La missione era esplicita: preparare il terreno e soprattutto il mare sardo ad una vera e propria invasione di pale eoliche. Un piano dettagliato e riservato, con un obiettivo da tenere sottotraccia: invadere il Golfo degli Angeli. Un progetto dispiegato nella duplice direttrice di Pula e Villasimius, lungo il cammino di Sant’Efis da una parte e Capo Carbonara dall’altra. Si sono mossi con la circospezione dei cercatori di vento in campo ostile, ben sapendo che per loro la Sardegna sarebbe stata semplicemente terra di conquista.

Piano d’invasione

Il piano d’invasione non lascia margini alle favole: prevede l’assalto eolico di 93 ciclopiche pale da ficcare nel bel mezzo dello splendido specchio acqueo proteso in un versante verso la costa di Cagliari, Pula, Capoterra e Sarroch, e dall’altro su quello di Quartu, Maracalagonis, Sinnai e Villasimius. Alla Sardegna, come è facile comprendere, di questa calata eolica resterebbe il niente assoluto, anzi. Quell’energia eolica prodotta dal mare sardo, infatti, sarebbe destinata a raggiungere via cavo la Sicilia e la Campania, con l’unico scopo di alimentare il sogno verde del Continente.

Cornuti e mazziati

Ai sardi e alla Sardegna resterebbero solo un paesaggio deturpato e violentato, un carico ambientale improponibile con gravissime conseguenze sulla stessa navigabilità del Golfo. Sul groppone dell’Isola anche una bolletta elettrica sconfinata, doppiamente costosa: per la mancanza di metano e per quella scandalosa tassa sulle rinnovabili, prelevata “manu militari” dalle tasche dei cittadini sardi per pagare incentivi miliardari ai neo signorotti del vento. Come si suol dire: “cornuti e mazziati”.

Fuori sacco

Sul cammino di questo piano italo-spagnolo, targato Falck & Blue Float Energy, pubblicato ieri dall’Unione Sarda, emergono, però, dettagli riservati che lasciano comprendere come la partita si sta giocando segretamente sulla testa della Sardegna. Da una parte sono state tenute all’oscuro le istituzioni locali, dall’altra, invece, il progetto sarebbe finito “brevi manu” nei tavoli di due soggetti istituzionali decisivi per l’attuazione dello scacco matto al Golfo degli Angeli: il Ministero della Transizione Ecologica e la Capitaneria di Porto di Cagliari. Il plico, però, non sarebbe stato trasmesso con le formalità di legge. Gli italo-spagnoli anche in questo caso avrebbero preferito una corsia “confidenziale”, con il tentativo di condividere il progetto “fuori sacco”, senza clamore, con l’obiettivo di preparare il terreno per il successivo blitz di Stato. Del resto i signori del vento sanno perfettamente che l’iter amministrativo che Roma gli ha garantito non prevede passaggi, né formali e tantomeno informali, con le istituzioni sarde. Gli incontri, dei quali non doveva trapelare alcuna notizia, hanno visto coinvolti diversi soggetti, da associazioni di categoria, sindacati e qualche prescelto rappresentante della politica, tutti con la consegna rigorosa del silenzio. La pubblicazione sul nostro giornale di quel piano eolico ha scoperchiato un sistema di relazioni che si stava consumando sottotraccia su una delle aree più sensibili dell’Isola.

La nave rossa

In realtà da mesi avevamo messo sotto osservazione la rotta satellitare della “nave rossa”, la Kobi Ruegg, battente bandiera del paradiso fiscale delle Bahamas. Tracciati tanto sospetti quanto espliciti. La nave posizionata sulle rotte del vento giocava ad inseguire sé stessa sulle coste prescelte. Uno zig zag perpetuo, dalle coste di Pula a quelle di Villasimius, da Carloforte a Portovesme. Tutte mosse intercettate e documentate. Sino a qualche giorno fa quando la nave, una volta sparita dal radar del sud dell’Isola, è ricomparsa nientemeno che dal capo opposto. Dopo aver ormeggiato nel Porto di Cagliari e Sant.Antioco, la scorsa settimana è stata intercettata a due spanne dalla Moby Wonder, nel cuore del porto Isola Bianca di Olbia. Una presenza sospetta considerato che si tratta della stessa nave “eolica” utilizzata nel sud Sardegna per tracciare la batimetrica costiera funzionale al posizionamento delle pale eoliche.

Zig zag in Costa Smeralda

L’arrivo dell’imbarcazione nel paradiso dorato della Costa Smeralda apre scenari inediti che riveliamo con la pubblicazione del tracciato di ieri della “nave rossa” davanti al proscenio di mare tra Golfo Aranci e Pittulongu, nell’area marina davanti alla spiaggia principale di Olbia. Alla Capitaneria gallurese non risulta alcuna autorizzazione per questa misurazione palmo a palmo dei fondali del mare sardo, ma il sali e scendi dei tracciati è la conferma che la nave delle Bahamas non sta inseguendo una preda acquatica. Si tratta della stessa tecnica adottata prima a Carloforte e Portoscuso, e, poi, sulla costa cagliaritana. Non si ha certezza su chi possa celarsi dietro questo ennesimo assalto al vento sardo, considerato che la stessa nave è stata già utilizzata per due progetti diversi, quello da 42 pale eoliche sul triangolo Carloforte, Portoscuso, Nebida, e quello da 93 aerogeneratori sul Golfo degli Angeli. Lo sbarco della nave rossa anche al nord dell’Isola, in questo caso nel proscenio della Costa Smeralda, fa comprendere ancora di più quanto i signori del vento siano determinati nell’assalto al mare sardo. Per loro nessun problema se ad essere aggredito è l’eremo turistico più esclusivo del Mediterraneo, nessuna remora per una delle coste più battute dal turismo nautico di livello mondiale.

Eolico nel sottobosco

Progetti che stanno marciando nel sottobosco della politica, degli affari e delle istituzioni, senza che nessun passo ufficiale sia stato ancora compiuto. L’obiettivo è chiaro: preconfezionare un pacchetto eolico sulla Sardegna da calare al momento dell’approvazione del decreto destinato a commissariare la Regione sarda in tutto e per tutto. E’ evidente che le multinazionali del vento non si stanno muovendo senza le necessarie rassicurazioni del Palazzo, la decisione a Roma è stata già assunta: la Sardegna deve pagare il carico delle rinnovabili per gran parte dell’Italia.

Tanto pagano i Sardi

Poco importa se l’Isola è la più condizionata sul piano del costo energetico, incapace di traguardare il lungo termine, succube come non mai nel governare il contingente. Mentre in tutta Italia, il Governo e l’Enel, stanno riconvertendo a metano tutte le centrali a carbone, in Sardegna, invece, verranno letteralmente chiuse, senza alcuna alternativa all’energia elettrica prodotta da Portovesme e Fiumesanto. Nella terra dei Nuraghi non lasceranno energia nemmeno per garantire un minimo di sicurezza anti-blackout, sempre più frequenti in tutta l’isola, in modo tale da far dipendere la Sardegna totalmente dal cavo di connessione con il resto del Continente.

Cavo-guinzaglio

Un cavo-guinzaglio, va detto, che si vuole realizzare non per soddisfare le esigenze dell’Isola, ma con l’unico obiettivo di esportare verso lo Stivale tutta l’energia eolica e solare prodotta in Sardegna. L’orizzonte ora è sempre più chiaro, l’assalto eolico alle coste sarde emerso dall’inchiesta dell’Unione Sarda ne è la conferma: il vento e il sole sfruttati nell’Isola dei Nuraghi non saranno mai utilizzati per le esigenze dell’Isola. Anzi. Non solo non abbasseranno il costo dell’energia, ma contribuiranno a farlo salire sempre di più. Tanto pagano i sardi.

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