L’export verso la Russia è stato bloccato dalla guerra, quello verso la Cina resiste e cresce. Le vendite del settore manifatturiero sardo sul mercato del gigante rosso valgono oltre 10 milioni di euro all’anno.  Di questi,  8 milioni e 490mila euro provengono dalle micro e piccole imprese  che si occupano di agroalimentare, legno, minerali, bevande, metallurgia, prodotti agricoli, tessili e chimici.

I dati emergono dall’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, sulla base dei dati dell’Istat relativi alle esportazioni degli ultimi 12 mesi disponibili  (giugno 2021-giugno 2022). 

Il confronto con cinque anni da dimostra che  si registra un lieve decremento di circa 1 milione e 600mila in termini generali (erano 11milioni e 900mila euro nel 2017) mentre  c’è è un aumento delle esportazioni delle Pmi di circa 700mila (erano 7milioni e 800mila euro sempre nel 2017). 

A livello territoriale, spiegano da Confartigianato, "i maggiori esportatori di prodotti sardi verso Pechino sono le imprese di Oristano con un totale di 4 milioni e 682mila euro, di cui 4.561 realizzati dalle Pmi. Segue la provincia di Sassari-Gallura con 4 milioni e 214mila euro, di cui 3milioni e 175mila dalle piccole e medie imprese. Al terzo posto Cagliari con 612mila euro, di cui 327 delle Pmi. 

“In un panorama export che si presenta ancora fosco e incerto – commenta la presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, Maria Amelia Lai – i dati delle commercio internazionale sardo verso il Dragone sono interessanti anche se lasciano spazio a enormi margini di crescita, se pensiamo alla vastità del territorio e della popolazione”.

La presidente aggiunge che “sono tantissime le aziende export cinesi che cercano prodotti che possano soddisfare i crescenti desideri dei nuovi consumatori locali, come cibi che completano la loro tradizionale cultura enogastronomica: non si tratta, infatti, di andare a soppiantare una tradizione molto forte e millenaria, quanto piuttosto di andare a fornire a questi consumatori i prodotti che hanno reso famosa l’Italia”.

(Unioneonline/EF)

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