Quasi 47 milioni di euro.

Tanto vale il mercato delle esportazioni sarde nel Regno Unito.

Un bacino di business che riguarda decine e decine di imprese isolane che, per questo, stanno seguendo con attenzione gli sviluppi della Brexit, l'uscita di Londra dall'Unione Europea, il cui iter è andato via via complicandosi, per le ripetute bocciature, da parte del Parlamento inglese, dell'intesa sull'addio siglata dal governo May con Bruxelles.

"Seguiamo costantemente ciò che succede a Westminster ma più passa il tempo, più l’incertezza per chi esporta dalla nostra Isola verso il Regno Unito diventa palpabile", il commento di Stefano Mameli, segretario regionale di Confartigianato Imprese Sardegna. Che aggiunge: "Ci auguriamo che si

arrivi a una soluzione che non danneggi le aziende che in quella Nazione hanno trovato un mercato importante e florido".

I DATI - Il Regno Unito è, infatti, il nono mercato di destinazione delle esportazioni manifatturiere della Sardegna (dati Istat).

Ed è la stessa Confartigianato Imprese a snocciolare i dati del feeling commerciale tra le due isole.

"Nei primi 6 mesi del 2018, lo scambio commerciale tra il territorio sardo e lo United Kingdom valeva 46,785 milioni di euro di export. Quanto ai settori, i prodotti maggiormente esportati sono stati gli alimentari, seguiti dai prodotti in legno e metallo, pelletteria, abbigliamento e tessile, mobili e ceramiche. A livello provinciale, in testa l’area del Sud Sardegna con 25,530 milioni di euro, seguita da Cagliari con 18,750, Sassari con 1,436, Oristano con 880mila euro e Nuoro con 189mila euro".

BREXIT O NON BREXIT? - Ma per le imprese sarde la Brexit conviene? Oppure no?

"Se l’uscita dell’Inghilterra dall'Ue fosse confermata – continua Mameli – il problema più importante che le nostre aziende dovrebbero immediatamente affrontare sarebbe quello relativo a ciò che, attualmente, dal punto di vista tecnico, non può essere definito esportazione, ma che potrebbe diventare improvvisamente, con la conseguente introduzione della normativa doganale europea".

"Si tratta, pertanto, di una svolta importante, in considerazione del numero di settori coinvolti e dei tempi ristrettissimi di applicazione, difficile pensare che un cambiamento così radicale non determini un impatto negativo sulle quote di import/export con il Regno Unito, almeno nel breve periodo”.

LE PREOCCUPAZIONI - Le preoccupazioni degli imprenditori isolani sono soprattutto due.

Ovvero, spiega Confartigianato imprese, "l'eventuale applicazione di Iva e dazi, e l’aumento della burocrazia. Nel primo caso, l’applicazione dell'Iva alle merci esportate e l’eventuale introduzione di dazi, comporterebbe un maggiore costo finale per l’acquirente inglese che, visto l’aumento di prezzo, potrebbe anche rinunciare a quel bene. Problema che, secondo le imprese, non dovrebbe porsi per i prodotti sardi, essendo fortemente tipicizzati, regionalizzati, molto richiesti e, una buona parte dei quali, non sostituibili da prodotti locali inglesi tantomeno da beni che potrebbero arrivare da altre nazioni".

"Nel secondo caso, il timore più grande, anche prima dell’aumento delle tasse, è quello di un fiorire di norme, leggi, direttive, circolari esplicative che andrebbero a ingrossare il carico burocratico che già grava sulle attività produttive italiane. E, come si sa, l’incertezza non favorisce le aziende e le non decisioni danneggiano le attività imprenditoriali".

(Unioneonline/l.f.)
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