La logica non cambia. Prima si veniva in Sardegna a “far legna”, ora si viene a far “vento e sole”. Antonio Gramsci che dell’Isola fu acerrimo difensore lo racconta in un saggio pubblicato sull’Avanti nel 1919: “L’Isola di Sardegna fu letteralmente rasa al suolo come per un’invasione barbarica. Caddero le foreste. Che ne regolavano il clima e la media delle precipitazioni atmosferiche”. Devastazione sin dall’orda piemontese che, dal 1740 in poi, concesse il potere di cancellare foreste immense per prelevare legna a dismisura da destinare alle fonderie d’oltre mare. Oggi quegli alberi devastati li si vorrebbe rimpiazzare con una selva oscura di pale eoliche disseminate in ogni eremo dell’Isola, pur di far girare i contatori delle multinazionali-rapina che, oltre a portar via energia, mettono in tasca incentivi miliardari.

Golpe eolico

Oggi, come allora, quell’invasione è pianificata nei palazzi di Roma e non solo, con l’Isola trattata peggio di una colonia, destinata solo a produrre energia dal sole e dal vento per alimentare le fabbriche e le intraprese economiche del Continente, come ai tempi delle foreste rase al suolo. Il piano marcia a vele spiegate. Il governo, a trazione Cingolani, il ministro caterpillar, si accinge a metter mano al “golpe” energetico esautorando senza colpo ferire Regione e Ministero dei Beni culturali per approvare, secondo la logica piemontese, la “piantumazione” di ciclopiche pale in ogni crinale ventoso dell’Isola e in mezzo al mare, dal Sulcis sino alla costa di Alghero. Il processo è segnato, con una regia a quattro: il Ministero della Transizione ecologica, Terna, il braccio della trasmissione elettrica dello Stato, l’Enel e le potenti lobby eoliche. Un piano a scacchiera che si muove all’unisono, con tanti stratagemmi e infinite omissioni.

La mappa delle centrali Enel a carbone da riconvertire a gas e quelle escluse
La mappa delle centrali Enel a carbone da riconvertire a gas e quelle escluse
La mappa delle centrali Enel a carbone da riconvertire a gas e quelle escluse

Staccare l’interruttore

L’azione principale messa in campo prevede di staccare l’interruttore alle centrali a carbone della Sardegna entro il 2025, praticamente domani. La giustificazione è, ovviamente, ammantata da nobili motivi: inquinano. Peccato che tutte e due le centrali, quella di Porto Torres e di Portovesme, “godano” dell’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale rilasciata dallo stesso ministero che ora le dichiara fuorilegge. Un accanimento senza precedenti per questi novelli Robespierre dell’ambiente, rigorosi in Sardegna e tanto magnanimi nel resto d’Italia. In realtà la logica del “facciamo in fretta” a chiudere le centrali a carbone della Sardegna cela il vero obiettivo: scatenare l’invasione eolica e realizzare rapidamente il cavo elettrico di connessione tra la Sardegna e la Sicilia per esportare verso l’altra isola, e il continente, tutta l’energia eolica e solare prodotta nella terra dei Nuraghi.

Chiudere le centrali sarde

La chiave di volta, dunque, per scatenare la reazione a catena, è chiudere le centrali di Porto Torres e di Portovesme. Una scelta che, per modalità e pervicacia, svela un piano con due pesi e due misure. E’ qui che si nasconde una strategia tutta protesa a sfruttare la Sardegna per il sole e il vento da spedire, poi, in continente, con il cavo verso la Sicilia, e dall’altra annientare l’autonomia energetica dell’Isola, da sempre considerata un peso dai potentati dell’energia. Ad essersi allineata a questa strategia è l’Enel che da succube, in quanto proprietaria della centrale del Sulcis, ne è diventata in brevissimo tempo complice protagonista. La centrale di Portovesme, due gruppi a carbone, uno risalente al 1986 con 240 megawatt e uno più recente del 2005 di 350 megawatt, è, secondo alcune valutazioni di mercato, tra le meno efficienti d’Italia. Quella più vecchia ha un’efficienza sotto il 31% e quella più nuova del 40%. Ci sarebbe da chiedersi il motivo di tanta inefficienza, ma bisognerebbe aprire un “fascicolo” per il momento secretato, sulla costruzione e sulla gestione di quella centrale.

Due pesi, due misure

Di certo l’Enel applica in Sardegna la tattica dei due pesi e due misure. Delle sei centrali a carbone sparse in Italia ancora in esercizio solo una deve chiudere senza alternative: stranamente proprio quella del Sulcis. Francesco Starace, amministratore delegato e direttore generale di Enel, lo ripete come un mantra: chiudere la centrale Sulcis, senza tentennamenti.

Boiardo strabico

Lo sguardo di questo novello boiardo di Stato è,però, più che strabico. Le altre cinque centrali a carbone non solo non si chiudono ma si riconvertono a gas. Tutte, con la sola esclusione di quella di “Bastardo” in Umbria dove la riconversione sarà a idrogeno. Per il resto la contabilità che sfata il rigore sardo dell’Enel e dei sodali energetici pseudo ambientalisti è presto fatta. Una delle più grandi centrali a carbone è a Civitavecchia, nome in codice Torrevaldaliga Nord, di proprietà dell’Enel SpA. Una centrale da 3 sezioni da 660 megawatt, 1980 complessivamente. Marcia a carbone., ma l’Enel ha già da tempo depositato al Ministero della Transizione ecologica il progetto per la totale riconversione a gas. Per la Sardegna il metano non ha futuro mentre sull’altra sponda del Tirreno diventa stranamente strategico. Il caso Civitavecchia non è il solo. A Brindisi c’è un altro colosso energetico, il più grande di tutti, per gli addetti ai lavori è la Centrale di Brindisi Sud, anche in questo caso di proprietà di Enel. Un ciclopico produttore di energia elettrica con una potenza alimentate a carbone di 2.640 megawatt. Anche in questo caso l’Enel non ci ha proprio pensato di chiudere la centrale.

Festival dell’incoerenza

Il progetto di riconversione dell’impianto a gas di Brindisi è depositato sempre nelle stanze del Ministro Roberto Cingolani, lo stesso che sostiene il piano dell’Enel e di Terna per negare alla Sardegna qualsivoglia riconversione a metano delle centrali elettriche sarde. Il festival dell’incoerenza, però non si ferma. L’Enel ha progettato la riconversione a gas anche della centrale di Fusina, 4 unità da 320 MW ora alimentate a carbone, e lo stesso ha fatto per la centrale di La Spezia da 600 megawatt alimentata carbone.

Escludere l’Isola

Un piano dal quale emerge una strategia evidente: escludere la Sardegna da qualsiasi ipotesi di autosufficienza energetica. E’ una vecchia logica sulla quale si sono costruiti i più nefasti scippi energetici ai danni della Sardegna. Il ragionamento nelle segrete stanze dei palazzi romani è scandito da due elementi: in Sardegna sono pochi e mal distribuiti in un territorio troppo vasto. Per questo, secondo i calcoli dei signori dell’energia, è preferibile attaccare un cavo e non fare nessun tipo di investimento energetico strategico.

Contraddizione di Stato

La contraddizione è, però, proprio nelle argomentazioni e nelle regole del gioco. Nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, il piano strategico dello Stato italiano per l’ambiente, è scritto espressamente: «Il phase out (l’uscita) dal carbone potrà essere implementato attraverso, tra l’altro, la realizzazione di unità termoelettriche addizionali alimentate a gas, necessarie anche in considerazione dell’incremento delle quote di rinnovabili nella generazione elettrica per il mantenimento dell’adeguatezza del sistema». Sempre nello stesso piano è prevista una sostituzione della produzione elettrica a carbone di tutta Italia con almeno 3.000 megawatt di energia prodotta a gas. Guarda caso l’unica regione esclusa da questa riconversione a metano è proprio la Sardegna. I vertici di Enel, di Terna e persino il Ministro della Transizione ecologica si affrettano a “raccontare” che nell’Isola ci sono sole e vento. Anche i bambini, però, sanno che il vento e il sole non sono costanti e che per accumularli bisognerebbe trasformarli in idrogeno. Ipotesi ignorata e avversata da chi pensa solo a mettere a segno il grande scippo del sole e del vento. E nessuno, del resto, pianifica una gestione indipendente e strategica delle energie rinnovabili con la realizzazione, per esempio, proprio in Sardegna di un grande hub dell’idrogeno al servizio dell’Isola.

Regali al petroliere

Non è un caso, infatti, che l’unica centrale elettrica alimentata con gli scarti del petrolio, fossili della peggior specie, quella della Saras, ora Sarlux, è stata “premiata” dal governo con nuovi incentivi. Del resto in Sardegna c’è chi “ha fatto legna”, chi scippa vento e sole e chi, invece, continua a incassare incentivi miliardari anche dagli scarti del petrolio. Tanto pagano la Sardegna e i sardi.

© Riproduzione riservata