Ricchezza da sfruttare meglio, costi di lavorazione e smaltimento da diminuire.

Il marmo e il granito sardi sono celebri per qualità, ma ci sono problemi: nella lavorazione oltre il 75% della produzione annuale, che si aggira intorno a un milione e duecentomila metri cubi, è costituita da sfridi (cioè scarti) che hanno necessità di essere stoccati e restano inutilizzati.

Una soluzione è stata trovata. Venerdì 13 luglio alle 9.30, nell'aula magna B del Complesso Didattico di Via Vienna 2 a Sassari, verrà presentato e avviato il Progetto Cluster BIOMARMO "Da scarti di lavorazione a prodotti a elevato valore aggiunto: conglomerati di marmo per la bioedilizia".

Il progetto, promosso e finanziato da Sardegna Ricerche e condotto dall'Università di Sassari, si colloca nell'ambito delle tematiche trasversali della Bioeconomia, della Chimica Verde e della Bioedilizia applicate all'utilizzo e alla valorizzazione degli scarti industriali.

Il progetto intende trasformare questi materiali di scarto in nuovi materiali a elevato valore aggiunto da utilizzare nei settori delle attività edilizie, dell'arredamento e dell'artigianato artistico, facendoli diventare una vera e propria risorsa economica.

Grazie a BIOMARMO i rifiuti industriali potranno essere trasformati in pavimentazioni, sia stradali che da interni, materiali per l'arredo di bagni e cucine, oggettistica ornamentale, pannelli per l'isolamento termico e acustico e così via.

"Biomarmo", coordinato dal professor Alberto Mariani dell'Università di Sassari, verrà realizzato grazie alla collaborazione tra il Dipartimento di Chimica e Farmacia dell'Università di Sassari (UNISS) e alcune aziende di Orosei (il distretto più ricco di cave di marmo) e Porto Torres.
© Riproduzione riservata