P iù che sull’algoritmo sballato che starebbe sballottando gli insegnanti, c’è da scommettere che la scuola si sbarellerà su un classico di ogni inizio anno: crocifisso sì, crocifisso no. L’immagine del Cristo sulla croce nelle aule scolastiche si può, si deve? In un Paese cristiano come il nostro sembra quasi ovvio che il crocifisso ci sia ma siccome lo Stato è laico, dove alunni e insegnanti la pensano come meglio credono, può essere che non ci sia. Il Parlamento da più di vent’anni affida la risposta alla monetina: croce sì al crocifisso, testa no. Venti volte su venti questa monetina però casca di taglio e siccome “Dio non gioca a dadi” (Einstein) vien da pensare che dovunque casca, elettoralmente, resta in piedi. Se chi deve non decide qualche altro provvederà: la magistratura, tanto per cambiare. In questo caso la Cassazione. I giudici dei giudici sono stati chiamati a rendere giustizia da un docente sospeso (sentiti gli studenti) per 30 giorni perché accusato di togliere il crocifisso non appena metteva piede in aula e rimetterlo all’uscita. Per la Suprema Corte il crocifisso in aula non discrimina nessuno. Allora si può? Mah! La strada, scrive la Corte, va trovata “nell’accomodamento ragionevole in cui tutti concedono qualcosa facendo, ciascuno, un passo in direzione dell’altro”. Come dire: aggiustatevi. Firmato Ponzio Pilato.

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