G eorge Bush che inciampa nell’inconscio, e condannando la guerra all’Ucraina denuncia «la brutale invasione dell’Iraq», fa quasi tenerezza. Un po’ perché quando si accorge del lapsus dà scherzosamente la colpa all’età, e in effetti a vederlo si capisce che è invecchiato davvero e anche maluccio, e un po’ perché da quando si è schierato contro Trump, Dàbliu fa simpatia. E poi perché in fondo è sempre stato più un minchione in mano a un clan cinico che un tagliagole in prima persona. O almeno in Europa così lo abbiamo sempre percepito, e ci sembrava più spregiudicato Blair ad assecondarlo che lui a mandare le truppe. E poi, certo, quella ucraina e quella irachena sono due guerre diverse per mille motivi. Però resta un fatto: quella contro Saddam (altro carognone, per carità) fu una guerra di aggressione, fu sanguinosa, fu fatta usurpando il nome della democrazia e fece danni incalcolabili. E quindi fecero benone tutti quelli che nelle piazze – ma anche sui giornali, nei bar e nei tinelli – dissero che l’America doveva fermarsi e vergognarsi.

Sarà che quando ti viene bene una cosa poi tendi a replicarla e a riproporla, ma molti di loro continuano a condannare l’atroce crudeltà americana anche adesso che la porcata sanguinaria la sta facendo la Russia. Forse i problemucci di memoria non li ha solo quella vecchia, simpatica canaglia di Dàbliu.

© Riproduzione riservata