U n problema dei giornali di carta è lo spazio, soprattutto per quanto riguarda i titoli: puoi farci entrare solo un certo numero di caratteri, e pazienza se devi esprimere un concetto un po’ complesso. Da questo punto di vista personaggi diversi tra loro come Letta, Stalin, Trump e Renzi hanno un vantaggio comune: la brevità del nome, che li rende tipograficamente maneggevoli. Al contrario Mattarella, che è un’ottima persona sotto tutti i punti di vista, editorialmente è un disastro perché ha un cognome così lungo che da solo si mangia mezzo titolo. Anche Berlusconi non scherza, e forse la fretta di molta stampa degli ultimi 20 anni di darlo politicamente per defunto dipendeva anche dalla speranza che gli succedesse un leader con un nome più breve (poi Ferrara lo soprannominò il Cav e diventò tutto più facile, ma ha ragione “Il Post” quando dice che tutti quei titoli “L’ira di Napolitano” dipendevano più dalla lunghezza del cognome che da una effettiva iracondia del presidente, che sicuramente era capace anche di sentimenti più complessi). Questo per dire che se effettivamente Giorgia Meloni andrà a Palazzo Chigi i giornali, costretti a nominarla continuamente, cominceranno presto a chiamarla Meloni e non più “la Meloni” come fosse un sostantivo. E dove non arriverà la riflessione sul linguaggio di genere, arriveremo per via tipografica.

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