N on è che gli occidentali in generale e gli italiani in particolare siano superiori ai russi. Anche se sull’onda delle atrocità ucraine qualcuno sta cominciando ad accoglierla, questa idea è ridicola e bastano due parole per denudarla: Dostoevskij, Toninelli.

Ma allora, potrebbe chiedersi qualcuno, perché quella dei giornalisti russi è “propaganda” e quella dei nostri è “informazione”? Se noi occidentali non siamo moralmente superiori, chi ci garantisce che quella nella foto è una fossa comune? In fondo nessuno di noi è lì, e come i moscoviti pure noi ci basiamo su immagini e parole trasmesse da lontano, non sull’esperienza diretta. D’altronde sulle nostre testate e sugli interessi che difendono se ne sentono tante...

La ragione è banale: noi ci detestiamo. O meglio: ogni giornalista abbastanza libero si sente in competizione con tutti gli altri. E se potesse svelare le fake news dei concorrenti toccherebbe il cielo con un dito. Le testate sono troppe per coinvolgerle tutte in un complotto: quando analizziamo i fatti ci possiamo accapigliare e lo facciamo ogni giorno, alcuni con malafede e narcisismo, ma nasconderli è un potere che nessuno ha più. E dato che la qualità e l’atteggiamento del potere sono essenzialmente un fatto di contrappesi e controlli, la differenza fra est e ovest oggi innanzitutto è questa.

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