F ioccano da sinistra idee geniali. La crisi di astinenza dalla centrale operativa si fa sentire. Dopo oltre dieci anni, in cui poco di diritto e molto di straforo hanno governato, i partiti che affollano il campo largo dei miracoli vogliono far capire quanto l’Italia cambierebbe se fossero ancora loro a comandare. Da una onorevole spremuta di meningi sono scaturite proposte rivoluzionarie, tutte urgentissime che, se diventassero legge, farebbero finalmente felici tutti gli italiani. Si cominci con l’inno nazionale. Quello di Mameli musicato da Novaro non soddisfa più: è soltanto un canto risorgimentale. Troppo poco. E poi quel perentorio esordio con “Fratelli d’Italia” senza “Sorelle” odora di patriarcato, sembra uno squillo di tromba che annuncia l’arrivo del duo Meloni-La Russa. Per compensare questo sbilanciamento il deputato del Pd Stefano Vaccari sollecita il Parlamento a approvare il disegno di legge che –annuncia trionfante- «ho presentato insieme ai colleghi Berruto e Furfaro». I magnifici tre, non avendo altro e di meglio da fare, propongono che la canzone “Bella ciao”, partigiana per appropriazione indebita, venga eseguita dopo l’inno nazionale in alcune cerimonie ufficiali. La Resistenza, anche se immaginaria, continua. Comunque, ammettiamolo: Bella ciao è una canzonetta orecchiabile, che nel dopoguerra avrebbe trionfato a San Remo.

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