N on capisco perché vogliano tarpare le ali alla magistratura. È certamente la ripicca di chi soffre di uno stato di sudditanza nei suoi confronti. In Italia non si sa più chi comanda. L’equilibrio fra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario ha reso anemico lo Stato. È ora che uno dei tre prevalga. Lasciate quindi la magistratura libera di volare, e che sia lei a prevalere. Da anni volteggia sulle nostre teste. Con le sue toghe ci protegge dai temporali e dalle insolazioni della democrazia, che per sua natura è ondivaga e mutevole nelle sue manifestazioni elettorali; ci preserva dai danni della politica, corrotta e schizofrenica; vigila su governanti e parlamentari troppo spesso inclini a legiferare senza chiedere a lei un suo preventivo benestare. Il potere esecutivo vuole limarle le unghie, vuole impedirle di esprimersi con la sua suggestiva giurisprudenza creativa. Ora vuole persino separare le carriere di pubblici ministeri e giudici. Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia confessa: «Quel progetto ci indebolisce». Voce dal sen fuggita. I magistrati sanno d’essere forti e vogliono restarlo. Gli onesti, si è soliti dire, non devono temere la loro forza. Giusto. Non diamo ascolto a quel malpensante di Luis Borges convinto, invece, che per averne paura «non bisogna essere necessariamente colpevoli».

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