Q uesta storia del “Time” che in copertina proclama “Persona dell'anno” Greta Thunberg e non lui, a Donaldaccio non è andata giù. E se l'è presa a social unificati con la ragazzina simbolo della lotta al riscaldamento globale, spiegando che «dovrebbe lavorare sul suo problema di controllo della rabbia».

Il che - detto da un tipo che ha stracciato un invito a pranzo della regina di Danimarca perché si rifiuta di vendergli la Groenlandia - è interessante. Denota una capacità di proiezione che nemmeno nei migliori multisala: è come se Conte desse dell'azzimato a Landini, o Bersani dell'ingenuo a Renzi.

Ma forse denota, soprattutto, l'incapacità di ammettere che il mondo è un'immensa foto di gruppo - tragica, caciarona e sfocata - e non un immane specchio piantato sul prato della Casa Bianca. E la risposta twittata da Greta, «sono un'adolescente che lavora sul problema della gestione della sua rabbia», è astuta perché segue proprio la tecnica dello specchio. O per usare il nome completo che le dà l'infanzia: dello specchio senza ritorno.

Il mondo libero ha conosciuto le due guerre mondiali. Poi la guerra fredda. Poi ci hanno detto che eravamo in pieno scontro di civiltà. Ora ci tuffiamo, aggrappati al comandante in capo, nell'era del Chi lo dice lo è. Detta anche, per brevità, l'età dello Gnegnegné. Auguri.

CELESTINO TABASSO
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