Adani e gli eroi
L ele Adani. Telecronista di supporto delle partite di calcio, è un urlatore impetuoso. Commentatore di importanti partite dei recenti campionati europei di calcio, abbiamo ancora negli orecchi i suoi stridi ogni volta che il pallone entrava in rete. La locuzione «è un fatto storico» riferita a risultati inattesi o a prodezze di qualche pedatore concludeva frasi sconclusionate. Non è il solo telecronista sportivo a maltrattare l’aggettivo “storico”. Anche le vittorie dei tennisti Jannik Sinner e Jasmine Paolini sono state definite storiche. Ma ci rendiamo conto della forza di certe parole, che se inflazionate diventano deboli, banali? Si abusa del loro significato per fare retorica, impressionare, strabiliare l’interlocutore sia esso ascoltatore o lettore. Per esempio, sono definiti eroi anche coloro che muoiono perché uccisi, senza avere compiuto gesti eroici. Pietà per le vittime, certo. Ma se manca il sacrificio volontario non c’è eroismo. A chi è vittima di un sopruso si intitolano strade, piazze e aule di giustizia. Non si è eroi soltanto perché si è sofferto. È bene soppesare le parole, che quando sono troppe patiscono i danni dell’inflazione, perdono il loro significato d’origine. E quando vanno in discesa perché ne perdiamo il controllo diventano chiacchiere. La corruzione della parola è segno e causa di tutte le corruzioni contemporanee.