Sta riscuotendo un grandissimo successo su Rai Play un inedito Giovanni Allevi nei panni di mattatore del piccolo schermo.

Il geniale compositore, pianista e direttore d'orchestra è l'ideatore di "Allevi in The Jungle", originalissima docu-serie, prodotta da Twister Film per la Rai, in cui il virtuoso marchigiano è sceso dal piedistallo del mondo accademico per incontrare i buskers, gli artisti di differenti discipline che esprimono il proprio talento sulla strada, dando vita ad un sorprendente scambio umano e professionale.

Il prolifico musicista, amatissimo dai giovani ma anche dal pubblico di appassionati di tutte le età e capace di riempire teatri da 5000 posti con i suoi concerti per pianoforte solista, ha continuato la sua attività creativa anche durante il lockdown ideando, oltre a nuove composizioni per il suo prossimo lavoro discografico, questo progetto dedicato alla televisione e alle esibizioni di eccellenti personaggi che si trovano nel centro delle città per trasferire la propria arte ai passanti e ai turisti.

Dopo le prime puntate andate in onda prima di Natale, "Allevi in The Jungle", scritto da Maurizio Monti, Achille Corea, Giovanni Allevi, Luigi Miliucci e Tommaso Martinelli e diretto dal regista Simone Valentini. Tornerà su RaiPlay con quattro nuovi episodi a partire dal prossimo marzo.

Uno scatto da "Allevi in The Jungle" (foto concessa)
Uno scatto da "Allevi in The Jungle" (foto concessa)
Uno scatto da "Allevi in The Jungle" (foto concessa)

Maestro Allevi, come è nato questo nuovo progetto?

"Questo progetto è uno dei frutti inaspettati della pandemia. Grazie ad un ciclo di dirette Facebook che ho affrontato tra musica e filosofia, sono entrato in contatto con i giovani visionari della Twister Film di Roma, una casa di produzione cinematografica innovativa. Dal nostro incontro è nata l'idea di una docu-serie sull'arte di strada, ed io mi sono presto accorto che potevo darle un taglio sovversivo, e spingerla verso tematiche filosofiche e culturali uscite completamente di scena negli ultimi anni dai contenitori mediatici. Rai Play, grazie ad una politica illuminata, ci ha garantito la massima libertà espressiva. Il risultato è qualcosa di totalmente nuovo, che sta appassionando ed emozionando il pubblico al di là delle più rosee aspettative".

Un debutto come conduttore televisivo, che esperienza è stata?

"E' stato davvero strano, perché per mia natura sono timidissimo, per nulla incline al contatto sociale. Ho anche un problema di autostima riguardo la mia figura, e sono tutt'ora convinto di non essere telegenico. Eppure ero affamato, cercavo la scintilla, la poesia nell'anima dei miei interlocutori. Io ho sentito che gli artisti di strada conservavano un valore, un impulso alla creatività, alla sperimentazione, uno sguardo incantato sul mondo, che la società impaurita dal Covid doveva assolutamente condividere. Abbiamo girato per le città in piena pandemia".

Un musicista di strada sardo, Moses Concas, straordinario virtuoso dell'armonica a bocca, ha vinto il talent show "Italia's got talent" nel 2016. Lei ha mai scritto per questo strumento?

"Moses è davvero straordinario ed è bellissimo quando un artista, attraverso il proprio strumento, fa trapelare a tratti la terra di origine, le movenze, i ritmi, le tradizioni che ha vissuto. Non avevo mai pensato all'armonica a bocca".

La vedremo sul palco con qualcuno dei talenti che ha scoperto per le vie delle città italiane?

"Tutto è possibile. Ne approfitto per chiarire che gli artisti coinvolti nella docu-serie non sono necessariamente musicisti, ma sono virtuosi delle discipline più disparate. Un'altro aspetto che ha colpito non solo me, è che sono giovani che parlano benissimo, cioè esprimono una straordinaria profondità e proprietà di linguaggio. Sono colti e poetici, e la loro indole filosofica nasce non solo dalla preparazione accademica, ma soprattutto dal contatto con la strada e le difficoltà della vita".

Un altro scatto dalla trasmissione tv (foto concessa)
Un altro scatto dalla trasmissione tv (foto concessa)
Un altro scatto dalla trasmissione tv (foto concessa)

E con Uto Ughi, con cui in passato c'è stato uno scontro musicale sulla diversa concezione dell'arte delle sette note, lo farebbe un concerto?

"Proprio a seguito di quello scontro durissimo ho attraversato quattro anni di depressione, in cui non sono riuscito più a scrivere una nota. Poi all'improvviso la musica è tornata nella mia mente, ironia della sorte, nella forma di un concerto per violino e orchestra che ho composto di getto in Giappone. Dirigerlo, con il Maestro Ughi come solista, è uno dei sogni inconfessabili della mia vita, perché in un certo senso, quel concerto per violino gli appartiene".

In assenza dei concerti ha concepito questa docu-serie su Rai Play. Prossimi progetti musicali?

"Nonostante il blocco delle attività artistiche devo riconoscere di non essermi fermato un momento. Ho anche pubblicato un saggio di Filosofia, 'Revoluzione', dove affronto le tematiche del sublime, dell'innovazione e della follia. La composizione di musica nuova resta la ragione della mia vita. Durante la pandemia sono tornato a scrivere per pianoforte, e mi sono accorto di una evoluzione nella mia musica, di una una struggente disperazione di fondo protesa verso la luce. Probabilmente è il sentimento che tutti stiamo vivendo".

A Cagliari doveva esibirsi lo scorso mese di marzo per l'inaugurazione del Teatro di Palazzo Doglio a Cagliari, un concerto subito sold out che 1000 sardi aspettano con ansia. Lo farà nel 2021?

"L'amore reciproco che mi lega a Cagliari e alla Sardegna è indescrivibile. Ora più che mai mi sento vicino ai tanti lavoratori che soffrono nel proprio ambito per via del Covid, da quando anche la mia attività si è bruscamente fermata. Dobbiamo avere pazienza. Per questo non vedo l'ora di fare il concerto di inaugurazione del Teatro Doglio. Non solo sarà un grande onore per me, ma significherà tornare tra di voi e festeggiare insieme la fine di questo angoscioso momento. Finalmente potremo riabbracciarci tutti".

L.P.
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