"Io sono disponibile ad andare avanti, ma bisogna smettere di litigare, altrimenti sono pronto a rimettere il mio mandato nelle mani del Presidente della Repubblica".

Dopo una lunga premessa, arriva alla fine della conferenza stampa a Palazzo Chigi il chiaro messaggio di Giuseppe Conte ai due vicepremier.

Il presidente del Consiglio chiede leale collaborazione alle due forze politiche che appoggiano il suo governo, e in particolare ai due leader e vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

"Scelgano chiaramente cosa hanno intenzione di fare, e diano una risposta chiara, inequivoca, e anche rapida. Perché non c'è tempo da perdere".

Quanto rapida? "Un po' di tempo, uno spazio temporale. Non mi faccia dire una data".

Una sorta di ultimatum che, tuttavia, senza una precisa scadenza temporale, resta monco. E un premier - caso più unico che raro - che chiede ai suoi vice se può andare avanti. Non capo del governo che dovrebbe guidare ma sottomesso alle volontà e agli umori di Matteo Salvini e Luigi Di Maio.

IL DISCORSO - Una lunga premessa, dicevamo. Che parte dal giuramento del 1 giugno. "Un insediamento accolto con molto entusiasmo dalla gente comune, con scetticismo e critiche da parte della stampa e degli addetti ai lavori", ricorda.

"Ho sempre pensato che il contratto fosse un elemento di forza, un modo lineare e trasparente per dar vita a un governo tra due forze politiche diverse", dice. Rivendica ancora di essere a capo del governo del cambiamento e ricorda lo "straordinario" lavoro di squadra fatto con i ministri e i leader delle due forze politiche che lo hanno messo a Palazzo Chigi. Cita decreto dignità, quota 100, reddito di cittadinanza, decreto sicurezza e spazza corrotti.

Poi arriva alle note dolenti. La campagna elettorale. "Il clima di coesione ne ha risentito e io stesso ho sottovalutato questo aspetto. La competizione europea è stata molto aspra e intensa". Tuttavia, afferma, cadendo in una leggera contraddizione, "è falso che ci sia stato stallo nell'azione di governo".

Quindi parla dei prossimi obiettivi: l'autonomia, "che va fatta evitando di aggravare il divario tra Sud e Nord e salvaguardando la coesione territoriale", la legge sul conflitto d'interessi, aiuti ai disabili e a famiglie con figli, e una manovra economica che si preannuncia "complessa".

LA TIRATA D'ORECCHIE - Cerca di presentarsi come "indipendente" Conte, quando afferma di non essere iscritto al Movimento 5 Stelle, ma tutti sanno che il suo nome per Palazzo Chigi è uscito dalla bocca di Di Maio e che il professore era nella molto ipotetica squadra di governo pentastellata presentata dal leader prima delle elezioni politiche.

E chiede "leale collaborazione" ai leader. "Se continuiamo a fare polemiche a mezzo stampa, battute strappa like sui social e provocazioni, non possiamo lavorare. Queste cose pregiudicano l'azione di governo".

Poi fa alcuni esempi di "leale collaborazione", bacchettando - senza nominarli - entrambi i vicepremier. Soprattutto quello leghista: "Se prendiamo una decisione in una riunione, poi non si cambia in modo arbitrario; ogni ministro si esprima su materie di propria competenza senza parlare di cose che non gli competono (chiaro messaggio a Salvini, ndr); se ci sono questioni politiche da sollevare, si fa rispettando la grammatica istituzionale, parlando al premier e non a mezzo stampa; se il premier è al Consiglio europeo a trattare per evitare la procedura d'infrazione, evitare di rilasciare dichiarazioni che creino ulteriori polemiche con la Ue (altro chiaro messaggio al leghista, ndr)".

L'ULTIMATUM - "Chiedo dunque a entrambe le forze politiche, in particolare ai rispettivi leader, di scegliere chiaramente. E dirci se hanno intenzione di proseguire nello spirito del contratto stipulato o se preferiscono riconsiderare la loro posizione (uno per incassare i dati elettorali, l'altro per riscattare una sconfitta). Io resto disponibile a lavorare e ad andare avanti, ma non posso compiere questa scelta da solo. Chiedo una risposta chiara, inequivoca e rapida, perché gli italiani non hanno tempo da perdere. Altrimenti sono disposto a rimettere il mio mandato nelle mani del Presidente della Repubblica".

Chiarisce che nessuno gli ha chiesto finora un rimpasto, e, quando gli chiedono se avrà un futuro politico con una lista o con un ruolo più attivo nel M5S, risponde che ambisce a diventare "l'allenatore della Roma".

SALVINI - "Noi non abbiamo mai smesso di lavorare, evitando di rispondere a polemiche e anche insulti, e gli Italiani ce lo hanno riconosciuto con 9 milioni di voti domenica. Proprio oggi ad esempio ho inaugurato col governatore Zaia il primo tratto della Pedemontana Veneta, opera fondamentale attesa da quasi trent'anni. L'Italia dei sì è la strada giusta". Immediata la risposta di Matteo Salvini, che detta le norme da approvare. "Flat Tax e taglio delle tasse, riforma della giustizia, decreto Sicurezza Bis, autonomia regionale, rilancio degli investimenti, revisione dei vincoli europei e superamento dell'austerità e della precarietà, apertura di tutti i cantieri fermi: noi siamo pronti, vogliamo andare avanti e non abbiamo tempo da perdere, la Lega c'è". E ancora: "Il governo va avanti se tutti mantengono la parola data". Quello che sostanzialmente va dicendo da giorni, segno che nulla è cambiato.

DI MAIO - "Noi siamo leali", è la risposta del vicepremier pentastellato. "Vogliamo metterci subito al lavoro e crediamo che i fatti siano la migliore risposta in questo momento. Chiedo solo due cose importanti dal punto di vista umano: chiedo finiscano gli attacchi ai ministri del MoVimento 5 Stelle, rispettando il lavoro di ognuno e, siccome nel contratto c’è ancora tantissimo da fare, non è certamente il momento per proporre temi divisivi mai condivisi fuori dal contratto. Questa è l’unica maggioranza possibile e che può servire meglio il Paese". Se Salvini dice ai 5S "basta insulti", Di Maio dice alla Lega "basta attacchi", insomma.

IL PD - "Le parole di Conte hanno aperto ufficialmente la crisi di governo. I continui litigi, le prevaricazioni e distinguo tra Lega e M5S non consentono più al presidente del Consiglio di svolgere la sua azione di guida del governo, se mai l'abbia svolta. È lui stesso ad averlo detto oggi con molta chiarezza rivolgendosi a Salvini e Di Maio e mettendo sul tavolo le sue dimissioni. Adesso Conte prenda coraggio e venga a riferire in Parlamento sull'inattività del governo che dura da mesi e sulle sue intenzioni. L'Italia merita di più". Queste le parole del capogruppo dem Graziano Delrio.

Durissimo Matteo Renzi, che twitta una foto che lo ritrae di spalle seduto su una panchina con Obama e Merkel e scrive: "Quando un premier parla alla Nazione dice qualcosa di importante. La conferenza di Conte segna una figuraccia per le istituzioni: mai si era palesata così evidente la figura di un premier che non decide, non conta e non governa".

"Conte ha ammesso il fallimento del governo", incalza il segretario Nicola Zingaretti.

(Unioneonline/L)

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