"Modello Lombardia". Due parole che messe così dicono poco o nulla, ma che potrebbero scatenare una crisi di governo nel 2019, quando sarà il momento di realizzare il reddito di cittadinanza.

Lo hanno detto più volte deputati e amministratori locali leghisti, ma ieri lo ha ribadito anche Matteo Salvini. "Il reddito di cittadinanza dovrebbe modellarsi come quello della Regione Lombardia, un inserimento al lavoro vero. I risultati positivi raggiunti in Lombardia spero possano essere raggiunti in tutta Italia. Stiamo mettendo paletti per evitare i furbetti", ha dichiarato il leader del Carroccio.

La misura lombarda, introdotta dall'ex governatore Roberto Maroni, è un mix di interventi tra bonus bebè, azzeramento del ticket sanitario e assegno di 300 euro per l'inserimento lavorativo. Misura che secondo i leghisti limiterebbe gli squilibri tra Nord e Sud e non regalerebbe troppi soldi a chi resta a casa, né tantomeno ai furbetti che lavorano in nero.

Il ministro a Milano, in un istituto dove si offrono pasti ai poveri (Ansa)
Il ministro a Milano, in un istituto dove si offrono pasti ai poveri (Ansa)
Il ministro a Milano, in un istituto dove si offrono pasti ai poveri (Ansa)

Ma è qualcosa di totalmente diverso dal reddito di cittadinanza di Luigi Di Maio, che già a sua volta è molto differente da quello promesso dai pentastellati in campagna elettorale e tutt'altra cosa rispetto a quello ipotizzato da Beppe Grillo nei primi anni del Movimento.

Più passa il tempo, insomma, più si fanno passi indietro rispetto alla proposta originaria dei 5 Stelle.

La battaglia i leghisti la giocheranno in Parlamento. Di Maio realizzerà il suo intervento che passerà in consiglio dei ministri, poi inizierà la vera partita. Con il Carroccio che cercherà di modificarlo profondamente e praticamente snaturarlo. Anche perché la misura è molto osteggiata dallo zoccolo duro degli elettori di Salvini, i piccoli imprenditori del Nord.

Il post di Luigi Di Maio
Il post di Luigi Di Maio
Il post di Luigi Di Maio

Un'altra proposta sul reddito l'ha fatta il sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri, anche lui leghista, che in un'intervista al Messaggero ha spiegato la sua idea. "Bisognerebbe passare attraverso le imprese per erogare il reddito attraverso un ciclo di formazione, cosa che garantirebbe di evitare abusi e darebbe al lavoratore la possibilità immediata di entrare in gioco". Reddito che dunque non sarebbe più erogato tramite l'Inps e i centri per l'impiego, ma direttamente tramite le aziende durante il periodo di formazione dei lavoratori.

Proposta, anche questa, che andrebbe a snaturare il provvedimento bandiera dei 5 Stelle.

E ancora oggi Salvini si è scagliato contro quelli che potrebbero essere i furbetti del reddito. Si fascia la testa prima di rompersela, il ministro, e forse non è un caso: "Chi ha un ricco conto in banca e pensa di fare il furbo non vedrà un euro. Stiamo incrociando tutte le banche dati e i redditi: se uno ha due o tre case o macchinoni, non vedrà un centesimo Vogliamo davvero aiutare gli ultimi, i dimenticati".

Le schermaglie sono iniziate. Per la guerra, aspettare il 2019.

(Unioneonline/L)
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