C'è anche il direttore generale del porto di Beirut, Hassan Koraytem, tra i 16 funzionari arrestati ieri nell'inchiesta sulle esplosioni che hanno devastato un'area della capitale libanese con almeno 157 morti (tra cui una italiana) e 5.000 feriti.

Diverse lettere, si è difeso lui, erano state inviate nel corso degli anni alla magistratura del paese chiedendo la rimozione di materiale altamente esplosivo immagazzinato nel porto.

Si parla di quasi 3.000 tonnellate di nitrato di ammonio, utilizzato per i fertilizzanti, ma anche per costruire bombe, tenute per sei anni senza misure di sicurezza nel magazzino esploso.

La magistratura ha anche disposto il congelamento dei conti di 7 persone, tra cui lo stesso direttore del porto e il capo della dogana libanese, Badri Daher, e interrogato 18 funzionari portuali e doganali coinvolti nei lavori di manutenzione del magazzino esploso martedì.

LE PROTESTE - Mentre le indagini proseguono la capitale libanese si infiamma: una violenta protesta antigovernativa è scoppiata nella zona del Parlamento con scontri tra "decine" di dimostranti e forze dell'ordine. La polizia ha lanciato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti scesi in strada per attaccare il governo sulla gestione dell'emergenza.

La ricostruzione intanto prosegue: i quartieri rasi al suolo dalla deflagrazione sono invasi da un esercito di volontari, per lo più giovani, armati di scope, pale e badili per sgomberare le macerie, rimuovere una quantità mai vista di vetri e lamiere precipitati dai palazzi danneggiati sulle auto, sui marciapiedi, sugli alberi abbattuti.

Primo capo di Stato ad arrivare nella capitale libanese dopo la tragedia, il presidente francese Emmanuel Macron ha messo in chiaro che il suo Paese vuole svolgere un ruolo decisivo nella ricostruzione di Beirut organizzando "la cooperazione europea e più ampiamente la cooperazione internazionale".

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha detto che un volo umanitario partito da Brindisi ha trasportato nella capitale libanese 8,5 tonnelllate di materiale sanitario messo a disposizione della Cooperazione italiana. Il Libano, ha sottolineato il capo della Farnesina, "per noi è una seconda casa. Aiutare quel paese significa stabilizzarlo, e significa evitare i flussi migratori". Mentre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in un colloquio telefonico con il premier Diab ha espresso "la profonda solidarietà del governo italiano" e assicurato che l'Italia è pronta a fornire ogni ulteriore assistenza richiesta.

(Unioneonline/D)
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