Nella Baqiya family, la community di islamisti più grande e pericolosa del web, era entrato solo un anno prima. Ma nel giro di pochi mesi, grazie al suo attivismo instancabile, aveva scalato le gerarchie sino a diventare una celebrità fra gli jihadisti di tutto il mondo. Noto ai frequentatori di quella fucina oscura di terroristi fai-da-te col nickname di "S", di lui si sapeva soltanto che viveva da qualche parte in Inghilterra. Convinto sostenitore della necessità di uccidere ovunque in Occidente «i maiali infedeli», così definiva chiunque fosse lontano dalla shari'a, si era guadagnato una credibilità tale che l'Isis lo aveva scelto come mentore e istruttore per molti aspiranti martiri.

Nessuno, neanche fra i suoi complici, si sarebbe mai aspettato che dietro quella figura risoluta e spietata si nascondesse in realtà un problematico quattordicenne di Blackburn, nel Lancashire, che passava le ore chiuso nella sua cameretta, in un'anonima casa col tetto a spiovente dove viveva assieme agli ignari genitori.

Da lì S aveva ispirato e guidato un diciottenne di Melbourne, Sevdet Besim, a compiere un attentato nel giorno dell'Anzac Day, il 25 aprile 2015, quando gli australiani festeggiano i caduti delle loro guerre. Avrebbe dovuto investire in auto un poliziotto, decapitarlo col machete, prendergli l'arma di ordinanza e con quella uccidere quante più persone possibile.

Sevdet Besim il giorno dell’arresto
Sevdet Besim il giorno dell’arresto
Sevdet Besim il giorno dell’arresto

Un complotto sventato quasi per caso, proprio a causa di un passo falso dell'adolescente di Blackburn, autoradicalizzatosi su internet un po' per noia e un po' per gioco. Poche settimane prima dell'attentato, quando ormai il piano è definito quasi in ogni dettaglio, la polizia inglese piomba a casa di S per una perquisizione. Nei giorni precedenti il quattordicenne ha infatti insultato alcuni professori della sua scuola, minacciando di decapitarli uno per uno. Quello che gli agenti trovano è inquietante: l'adolescente custodisce bandiere e altro materiale dell'Isis e nel suo pc ci sono decine di video di propaganda, con istruzioni per costruire bombe, decapitazioni, immagini degli addestramenti girate nei campi jihadisti in Siria, Pakistan e Afghanistan.

Ma è nel suo smartphone che vengono trovate le prove che non si tratta solo di un ragazzino esaltato rovinato dai videogiochi sparatutto di cui è famelico consumatore. Ci vogliono alcuni giorni per analizzare il contenuto della memoria, poi si apre il vaso di Pandora e gli investigatori scoprono migliaia di messaggi Telegram criptati che dimostrano come S facesse parte della Baqiya family e fosse in contatto con jihadisti in tutto il mondo, alcuni con ruoli operativi di rilievo nell'Isis.

Neil Prakash alias al-Cambodi
Neil Prakash alias al-Cambodi
Neil Prakash alias al-Cambodi

Fra questi c'è una figura conosciuta molto bene dalle intelligence del Five Eyes, la super struttura di spionaggio che unisce i servizi segreti di Inghilterra, Usa, Australia, Nuova Zelanda e Canada: si tratta di Neil Prakash, 23enne di origini figiane, indiane e cambogiane cresciuto in Australia, che in quel momento - marzo 2015 - vive a Raqqa, capitale dello Stato Islamico, col nome di battaglia di Abu Khaled al-Cambodi. È un combattente ma anche un capo reclutatore, il cui compito è trovare aspiranti martiri disposti a compiere attentati nelle città occidentali in cui vivono.

E infatti è Prakash alias al-Cambodi a mettere in contatto S con Illyas, nickname dietro cui si nasconde il diciottenne di Melbourne Sevdet Besim, l'uomo che deve colpire nel giorno dell'Anzac Day. Quest'ultimo, albanese della Macedonia trasferitosi da bambino con la famiglia nella terra dei canguri, era monitorato già da tempo dalla polizia australiana che di lui sapeva tanto ma non abbastanza.

Sapeva, ad esempio, che Besim aveva frequentato il centro islamico Al Furquan, uno dei più estremisti di tutta l'Australia, dove aveva conosciuto Prakash ma anche Abdul Numan Haider, diciottenne come lui che voleva partire per la Siria e unirsi alla guerra dell'Isis. Nell'autunno del 2014 Haider si era però visto rifiutare il passaporto dalle autorità australiane, che sospettavano delle sue velleità da foreign fighter, e quando lo avevano convocato per interrogarlo lui aveva aggredito due poliziotti con un coltello, venendo ucciso all'istante.

Ed è proprio la morte di Haider, con cui aveva condiviso tutto il processo di radicalizzazione, a convincere Besim che è arrivato anche il suo momento. Vuole vendicare l'amico e fare qualcosa per la jihad ma non sa bene cosa. Ad aiutarlo ci pensa la Baqiya family, cioè Prakash che dalla Siria capisce di poter sfruttare l'occasione. Così affida Besim alle cure di S, ormai un'autorità nella community islamista, perché lo guidi nel suo percorso verso il martirio. Nei mesi precedenti l'Anzac Day del 2015, il quattordicenne inglese e il diciottenne australiano si scambiano più di tremila messaggi su Telegram e altre app criptate, mettendo a punto l'attacco.

Dopo aver scartato varie opzioni, fra cui l'uso di esplosivi, S convince Besim a ripiegare su un piano semplice ma efficace: investire un poliziotto durante la parata, decapitarlo, rubargli la pistola e sparare all'impazzata sulla folla. "Ti fermerai solo quando ti uccideranno", lo ammonisce S. Così Besim compra l'auto, il machete, la bandiera nera con la scritta "Allah è grande e Maometto è il suo profeta", studia il percorso e, dopo aver visionato vecchi filmati dell'Anzac Day, individua il punto migliore dove colpire.

Poi però S viene arrestato, gli inglesi avvisano gli australiani che una settimana prima dell'attentato ammanettano Besim. Oggi S - di cui le autorità inglesi non hanno mai diffuso il nome - è in carcere, condannato all'ergastolo per terrorismo, il più giovane della storia, ma con la possibilità che la sua posizione venga rivista nel tempo alla luce del percorso di recupero intrapreso dietro le sbarre. Sevdet Besim è stato invece giudicato colpevole e sta scontando una pena di 10 anni che gli consentirà di uscire presto dalla prigione.

Quanto a Neil Prakash è morto a Raqqa, in Siria, pochi mesi dopo il fallito attentato dell'Anzac Day durante l'offensiva della forze curde per riconquistare la città simbolo del Califfato. La Baqiya family invece è ancora attiva, così come la sempre più raffinata propaganda online di altri gruppi jihadisti che a decine puntano ad arruolare nuovi insospettabili soldati nel cuore delle nostre città. E mentre scriviamo questa storia altre migliaia di ragazzini abbandonati per ore davanti a un pc da una società che non si occupa più di loro, subiscono il fascino perverso della narrazione terroristica.
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