Nella notte tra il 6 e il 7 settembre del 1985, in località Scopeti, nelle campagne toscane, si consuma l’ultimo duplice omicidio del Mostro di Firenze.

Otto duplici omicidi dal 1968 al 1985, una beretta calibro 22 che rappresenta ancora oggi la chiave di volta di uno dei più grandi misteri italiani ma che non è mai stata ritrovata, e una mano ignota che ha ucciso e mutilato i corpi di giovani coppiette pronte a consumare il loro amore lontano da occhi indiscreti.

I corpi senza vita dei francesi Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot vengono ritrovati lunedì 9 settembre. Il delitto si è consumato in una radura in prossimità della superstrada Firenze-Siena e del casello Firenze-Certosa. La coppia si era accampata con una tenda canadese che era stata posizionata vicino all’auto. Il mostro li ha colti di sorpresa. Ha interrotto brutalmente la loro tranquillità squarciando il telo della tenda con un coltello nella parte posteriore. Sono stati esplosi 9 colpi di pistola.

Nadine è stata rinvenuta in posizione fetale all’interno della tenda; il mostro le ha asportato il seno sinistro e il pube. Jean-Michel, invece, ha cercato di scappare ma è stato raggiunto e ucciso. Il suo corpo è stato poi occultato nel margine esterno della radura.

Dalla cronaca odierna, invece, sarebbe emerso che i segni sul proiettile rinvenuto nell’orto di Pietro Pacciani nel corso della maxi perquisizione nell’aprile del 1992 sarebbero il frutto di una prova artefatta e non di un inserimento del proiettile all’interno della camera della Beretta Calibro 22.

Si è chiusa poi l’inchiesta sull’ex legionario Giampiero Vigilanti e sul medico Francesco Caccamo, perché il quadro indiziario risulta "fragile e incerto".

La vicenda Pacciani suona come una bomba a cielo aperto e potrebbe aprire nuovi scenari. "Si è sempre creduto che il ritrovamento del bossolo nell'orto di Pacciani non sia stato 'casuale', sicuramente ha determinato poi tutta una serie di azioni che hanno condotto le indagini in una direzione ben precisa. Ho sempre creduto che i cosiddetti 'compagni di merenda' proprio estranei al caso non fossero, ma che in qualche modo avessero un ruolo", dice Mary Petrillo, psicologa, criminologa, docente di criminologia all'università Niccolò Cusano e coordinatrice del Crime Analysts Team (CAT).

La Beretta calibro 22 "Long Rifle" inizia a sparare il 21 agosto 1968, a Lastra a Signa (Castelletti a Signa), e vengono brutalmente uccisi Barbara Locci di 32 anni e il suo amante Antonio Lo Bianco di origini siciliane, all’interno della loro Alfa Romeo Giulia. Il killer separa i corpi, fruga nell’auto e forse riveste la donna ma non asporta nessun organo. Natalino, il figlio della Locci di soli sei anni, si trovava sul sedile posteriore, era scalzo e dormiva.

Rimane ancora un mistero come sia arrivato a casa della famiglia De Felice. La strada non era assolutamente asfaltata eppure i calzini del piccolo Natalino erano puliti. Come ha fatto a percorrere 2 km e 100 metri lungo un sentiero impervio e senza scarpe? Stefano Mele, marito di Barbara, si autoaccusa sin da subito del delitto, successivamente cambierà più volte versione accusando gli altri amanti della moglie: Francesco, Salvatore e Giovanni Vinci. L’arma del delitto non è stata mai trovata e Mele dice di averla gettata vicino al luogo del delitto, poi di averla riconsegnata a Salvatore Vinci.

Gli inquirenti pensano si tratti di un delitto passionale. Stefano Mele è stato condannato per il delitto del '68 ma rimane comunque il dubbio che sia stato lui a sparare. Gli investigatori hanno accertato che quella notte si trovava certamente sul luogo del delitto e che il clan dei sardi ha avuto un ruolo fondamentale o perché ha conosciuto il killer o perché ha partecipato attivamente al primo delitto. Solamente così si spiega l’accusa concatenante che ha portato il clan dei sardi in carcere e che li ha fatti scagionare con nuovi omicidi ogni qualvolta uno di loro finiva in cella.

Il 16 agosto del 1968, esattamente cinque giorni prima che la beretta calibro 22 del Mostro di Firenze uccidesse per la prima volta Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, viene ammazzato a Pratica di Mare (Roma) il giovane aviere Maurizio Carrafa, 21 anni. Il corpo viene rinvenuto da un sergente nella zona del cancello ovest della base Nato. I piedi sono rivolti verso l’esterno e il sangue sgorga dalla gola dilaniata da una profonda coltellata, talmente profonda che lo ha quasi decapitato.

Il killer gli ha sparato anche un colpo alla spalla e uno alla testa con un fucile e inoltre gli ha sottratto delle armi, tra cui una Beretta. Tante le piste investigative battute dagli inquirenti, si era ipotizzato anche che il giovane fosse stato testimone di traffici illeciti o che a sparare fosse stato un bracconiere. Cosa sapeva Carrafa? Perché così tanta ferocia? Gli inquirenti seguirono anche la pista del delitto d’onore. Gli amici riferirono che negli ultimi giorni Maurizio era strano, preoccupato. L’ipotesi più accreditata è che sia andato ad incontrare qualcuno che probabilmente conosceva. Non è dato sapere se tra i due ci fosse stata già una discussione pregressa o se sia scoppiata in quello stesso momento ma è certo che il killer gli abbia sparato un colpo alla spalla e alla testa e poi lo ha ferito brutalmente alla gola. Il caso non è mai stato risolto.

Angelo Barraco
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