Noi cittadini sardi

consapevoli

- dei pericoli insiti negli attuali andamenti economici interni e internazionali per il benessere dei sardi dovuti alle politiche seguite che hanno tenuto in sempre minore conto gli svantaggi dell’insularità;

- dell’esistenza di un divario economico con il resto del Paese, anche dovuto all’esistenza di una contribuzione fiscale netta negativa pro-capite che pone la Sardegna al penultimo posto, davanti alla sola Calabria;

- che il ritardo nello sviluppo è stato sinora affrontato dallo Stato in prevalenza con interventi di tipo assistenziale, che hanno impedito di sviluppare un’economia autopropulsiva;

- che tale modello di intervento pubblico ha prodotto un innaturale mutamento sociale, minando i fondamentali della cultura di intrapresa produttiva e di impegno per la vita dei sardi;

- che ha rafforzato il clientelismo e la dipendenza dagli aiuti statali che contraddicono in modo stridente la natura dignitosa e indipendente dei sardi, isolandoli la sua economia dalla dinamica economica globale;

che la risposta della Sardegna non può e non deve essere improntata alla difesa dello “status quo”, chiedendo maggiore assistenza pubblica, ma sollecitando infrastrutturazione materiale e immateriale che offra “pari opportunità” di partenza per tutti i cittadini e valorizzi le risorse umane ed economiche di cui dispone;

chiediamo

1. di riconoscere il “principio di insularità” nella Costituzione Italiana come condizione irrinunciabile ed equa di un pari diritto di cittadinanza;

2. di operare a livello europeo per esprimere e attuare i principi ispiratori enunciati nel recente incontro del G7;

3. di avere una rete di protezione sociale non dissimile da quella vigente nel resto del Paese, parametrandola su una spesa pro-capite nei singoli settori di intervento;

4. di calcolare in modo scientifico il maggior aggravio di costi derivante dall'applicazione della parità di diritti di cittadinanza nel contesto insulare;

proponiamo

- una rivoluzione in senso culturale che segni il passaggio dall’accettazione supina di un impossibile sviluppo basato sull’assistenza e

- dia avvio a una nuova stagione politica culturale che valorizzi merito, intraprendenza e capacità,

- in cui il popolo abbia realmente il potere costituente e non debba dipendere dal potere costituito a esso esterno.
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