Madrid, 1791. Mentre oltre i Pirenei soffia da un paio d'anni il vento della Rivoluzione francese, la capitale spagnola è dominata dal potere dell'aristocrazia e controllata dall'occhio vigile dell'Inquisizione. In questo clima plumbeo e soffocante l'arte però non smette di fiorire soprattutto grazie al talento di Francisco Goya, pittore così geniale da riuscire anche a sfuggire agli strali degli inquisitori. Quando però una serie di macabri delitti comincia a insanguinare le strade di Madrid colpendo alcuni dei più famosi artisti madrileni, per l'Inquisizione è la prova che il mondo dell'arte sta pagando per i suoi peccati di vanità e per le sue presunte frivolezze. Ma chi sta seminando la morte nel mondo dell'arte? Se lo chiede anche il giovane Manuèl Alvèra, che da qualche tempo è diventato uno degli apprendisti di Goya e che comincia a sospettare proprio del suo maestro. Manuèl inizia quindi una personale indagine che lo porterà a studiare in maniera quasi maniacale l'opera di Goya fino a scoprire un segreto terribile e a trovarsi coinvolto in una spirale di bugie e segreti capace di sconvolgergli l’esistenza.

Queste poche righe ci aiutano già a capire quanto sia intrigante L'apprendista di Goya (La Corte Editore, 2019, pp. 301), romanzo di Sara Di Furia in cui amore per l'arte, passione per la storia e capacità di scavo e descrizione dei meandri più nascosti e profondi dell'animo umano trovano un'ottima sintesi. Così come ottima è la capacità dell'autrice nel gestire un intrigo dall'ambientazione originale e per nulla scontata come la Madrid di fine Settecento. Una città dai tratti particolari come ci conferma proprio Sara Di Furia: "La Spagna dell'epoca era una nazione in cui l’Inquisizione la faceva da padrona nonostante i grandi cambiamenti conosciuti dall’Europa nel corso del Settecento. Il clima che ho cercato di trasmettere nel mio libro è quello di una società dominata da una religiosità che definirei untuosa. La mia vicenda si svolge allora in una Madrid soffocante non solo per il caldo di un'estate torrida ma per il senso di oppressione che è dato dagli inquisitori e anche dalle ferree regole dell'alta società spagnola del tempo. Quasi come in un paradosso, Madrid era però anche un luogo di grande fervore artistico, in cui si cercava di ribellarsi alla cappa di conformismo dominante".

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Chi sono coloro che cercavano di ribellarsi all'untuosa religiosità dominante?

"Sono gli esponenti di un'arte che veniva considerata immorale perché voleva svelare l'ambiguità e le sfaccettature dell'animo umano. Gli artisti, primo fra tutti Goya, mostravano la società nel modo in cui amava apparire, ma nello stesso tempo facevano emergere le contraddizioni, rappresentavano la realtà al di là del conformismo e dell'ipocrisia. Descrivevano nei dipinti cosa albergava veramente nell'animo umano e facevano emergere il lato oscuro e ribelle dell'uomo. E per questa libertà di espressione erano malvisti dal potere e dall'Inquisizione. Però l'artista a mio parere non può essere che così: ribelle e completamente libero di esprimersi. Altrimenti non c'è arte vera".

L'artista più conosciuto che incontriamo nel romanzo è Francisco Goya. Chi era questo pittore ancora oggi amatissimo?

"Era un artista famoso ma molto instabile dal punto di vista spirituale e interiore. Era una persona mai appagata del tutto, sempre alla ricerca della perfezione e proiettata a superare i propri limiti. Era un folle ma la sua follia era duplice".

Ci faccia capire…

"La sua follia era il frutto dell'avvelenamento dovuto al piombo contenuto nei colori che usava. Ma era anche un po' il marchio di quella grandezza unica che ogni artista porta dentro di sé… altrimenti non potrebbe essere grande".

Ci può insegnare qualcosa una società tanto lontana come quella della Spagna di fine XVIII secolo?

"Era una società molto chiusa, timorosa della diversità, di ogni forma di libertà e del cambiamento. Questo tipo di timore non mi pare tramontato dopo due secoli".
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