Il mare ribolle di schiuma e schizzi. Enormi tonni si dibattono come impazziti, emergono dall'acqua minacciosi prima di ripiombare sulla superficie sollevando potenti onde e proiettando per aria autentiche cascate. In mezzo a quella tempesta perfetta, scatenata in un fazzoletto di mare, una piccola barca ondeggia e sobbalza, rolla e beccheggia. Tra gli scrosci si riesce a stento a distinguere l'uomo in piedi sul fuscello che sembra in procinto di essere sommerso dal marasma. Un altro uomo, ai remi, cerca di contrastare la buriana. Centinaia di grandi pesci si dimenano nel vano tentativo di sfuggire alla morte. Lungo la rotta dell'annuale migrazione verso le coste del Nord Africa il branco dei tonni è incappato in un intricato dedalo di reti dal quale non è riuscito a liberarsi. Ora un'altra robusta rete ha preso a sollevarsi dal fondo e li sta riportando a galla, il loro destino è segnato e si ribellano nel vano tentativo di sfuggire alla morte.

Scene di mattanza, l'epilogo della millenaria sfida tra l'uomo e il tonno. Scene della mattanza che fu.

"Troppo cruenta, gli ambientalisti si sono opposti". Luigi ha dovuto arrendersi anche se non ne ha capito il motivo. "Prima o dopo il tonno verrà comunque macellato, che differenza c'è?".

La bandiera bianca con la croce rossa garrisce sul pennone della tonnara: è giorno di mattanza. Luigi ha preso il mare all'alba. Ora, supino sulla prua di una piccola barca di legno, scruta i fondali con lo specchio, una sorta di grosso cannocchiale a forma di tronco di cono. "Ce ne sono almeno cinquecento", dice sollevandosi sulle ginocchia.

Non aggiunge altro, ma la soddisfazione traspare dai suoi occhi. Mezzo migliaio di tonni alla prima mattanza rappresentano un bel bottino e un ottimo avvio di stagione.

Luigi di cognome fa Biggio, ha 52 anni, ma per tutti è il rais , ossia l'uomo dei tonni o, meglio, il signore dei tonni visto che l'antica parola di origine araba significa capo, presidente, condottiero. La "tempesta perfetta" è un ricordo sbiadito nelle fotografie in bianco e nero. Il rais non sfida più i tonni sulla piccola barca in mezzo alla bolgia di code e pinne impazzite. Luigi si è adattato, anche se sente di avere perso qualcosa, di avere rinunciato all'emozione dl quel rituale che si perpetuava da quando, quasi tremila anni fa, i fenici avevano insegnato ai nuragici del Sulcis l'arte della tonnara.

Rais Luigi ora osserva dall'alto i grandi tonni che si muovono lentamente. Il suo regno è in mezzo al mare di Carloforte, arcipelago del Sulcis, tra reti, cime (cavi e funi) gavitelli (boe e galleggianti) posizionati sul fondale a neppure due miglia dalla costa. Guida una trentina di tonnarotti, per lo più artigiani che si trasformano in pescatori giusto per l'occasione. Missione: catturare tonni, catturarne il più possibile.

Luigi, come si diventa rais?

"Non c'è una scuola, si incomincia facendo il tonnarotto, poi è il padrone delle tonnare che ti sceglie".

Però bisogna essere capaci di catturare i tonni individuandone il passaggio.

"Quello non è un problema, da migliaia di anni seguono sempre la stessa rotta".

Allora non è difficile.

"E no, sembra semplice, ma non lo è. Nella capacità di non farsi sfuggire i branchi sta l'abilità del rais".

Nella tonnara si lavora a forza di braccia, si calano e si salpano le reti, di sistemano pesi e galleggianti tutto a mano: la tecnologia è bandita?

"Usiamo le stesse tecniche di migliaia di anni fa, perché riteniamo che sia importante conservare e portare avanti questa antica tradizione".

Perché i tonni non si catturano più come una volta con la mattanza classica?

"Gli animalisti sono insorti dicendo che era troppo sanguinosa, così i nostri tonni finiscono a Malta. La mattanza si riduce nel catturarli per farli passare in una grande gabbia".

(Di quelle tradizionali se ne farà soltanto una ridotta a fine stagione a puro titolo dimostrativo).

Si perde qualcosa con questa sorta di mattanza bianca?

"Abbiamo dovuto rinunciare a tutte le attività legate alla filiera del tonno, a incominciare dalla lavorazione".

Rais Luigi torna a scrutare il fondale, lancia un urlo e i tonnarotti iniziano a sollevare a mano una grande rete. Bisogna fare presto, si incitano urlando, occorre spingere i grandi pesci verso la camera della morte. Lì, ormai, non si uccide neppure un tonno, ma continuano a chiamarla così.

Quello del rais è un lavoro faticoso?

"Fisicamente no, però pesano le responsabilità. Calare due tonnare costa quasi un milione di euro, un investimento che deve essere ripagato con i tonni, se non se ne catturano la colpa è del rais".

Un po' come nel calcio: se la squadra perde salta l'allenatore.

"Esatto: una brutta stagione e il rais si trova disoccupato".

Lei quanto lavora?

"La stagione dura sei mesi anche se il nostro contratto è annuale".

E gli altri sei?

"In ferie".

La mattanza entra in una fase delicata. Rais Luciano torna sul campo di battaglia con la sua barchetta di legno. Ai remi c'è Francesco, venti anni. È un esordiente ma promettente. "Anche io ho incominciato così", lo incoraggia.

Suo fratello Ettore è il capo della tonnara di Capo Altano, a Portoscuso, non è che si diventa rais per asse ereditario?

"No. È una coincidenza, contano di più l'esperienza e la capacità".

…E il casato?

La domanda cade nel vuoto. Rais abbozza un sorriso poi torna a controllare il fondale seguendo i tonni che pinnano verso la camera della morte.

Un nugolo di gabbiani volteggia sopra lo specchio d'acqua della tonnara. Ogni tanto qualcuno si tuffa in direzione dei piccoli spruzzi che si levano sulla superficie del mare. Sono le sardine, il cibo preferito dai tonni: tentano di sfuggire ai predatori, ma finiscono in bocca ai gabbiani. Quanto ai tonni se la dovranno vedere con rais Luciano e i suoi trenta tonnarotti.

Sandro Mantega

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