L a formazione del governo Draghi ha imposto ai partiti un bagno di realtà. In particolare, ha costretto i due maggiori partiti sovranisti, il M5S e la Lega, a una resa dei conti esistenziale: drammatica nel primo caso, più furbacchiona nel secondo.

Il M5S è piombato nel caos di uno scontro mai visto. Da un lato il capo politico Vito Crimi e il garante Beppe Grillo, dall'altro un nutrito gruppo di senatori e deputati, espulsi dal Movimento per non essersi allineati all'ordine imposto dai primi di votare a favore del governo Draghi. Una babele giuridica, terreno di scontro per una guerra all'ultimo comma. E a dare un tocco comico e surreale al tutti contro tutti che li devasta, ci sono anche le citazioni dall'Iliade che circolano tra gli eletti, oscillanti tra Achille (Vito Crimi) e Agamennone (Alessandro Di Battista).

Un contributo alla contestazione è stato dato anche dai parlamentari sardi espulsi dal Movimento. Alludendo in senso spregiativo al reggente Vito Crimi, Andrea Vallascas si è lamentato di essere «stato espulso dal caporale politico», mentre Emanuela Corda ha ribadito che «il nulla non può cacciarmi». Ha focalizzato meglio l'essenza politica del problema Pino Cabras, che ha posto in evidenza come i pentastellati dissidenti si collochino all'opposizione del nuovo governo: «Saremo contro Draghi, contro le banche, contro l'austerity, come sempre è stato. Come siamo ancora, malgrado il Movimento non l'abbia fatto».

S iamo alla resa dei conti, perché Draghi nelle sue dichiarazioni programmatiche non ha lasciato adito a dubbi: «Questo governo nasce nel solco dell'appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all'Unione europea, e come protagonista dell'Alleanza Atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori».

E poi, un messaggio molto forte per gli euroscettici: «Sostenere questo governo significa condividere l'irreversibilità della scelta dell'euro, significa condividere la prospettiva di un'Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione». Infine, per Draghi, nonostante gli Stati nazionali rimangano «il riferimento principale dei nostri cittadini», tuttavia «nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. Non c'è sovranità nella solitudine. C'è solo l'inganno di ciò che siamo, nell'oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere. Siamo una grande potenza economica e culturale». Un messaggio inequivocabile, un indirizzo preciso di quale sarà l'orizzonte del nuovo governo sia in tema di economia che di politica estera.

Tutto questo, per i leghisti, ci poteva anche stare. Il fastidio per loro è nato solo per la conclamata “irreversibilità“ dell'euro, che a molti è apparsa come la risposta alla dichiarazione di Salvini del giorno prima: «Di irreversibile c'è soltanto la morte». Aggiungendo tuttavia salomonicamente, come per chiudere furbescamente la polemica, che comunque «Draghi ha sempre ragione».

Questa conclusione consente di far notare a Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera che, ad eccezione di FdI di Giorgia Meloni, in Italia le forze politiche sono diventate tutte europeiste. «Non si sa se per la forza di persuasione dei soldi che arriveranno, per convenienza elettoralistica o per convinzione, ma l'europeismo sembra essere uno dei pochi fattori comuni tra partiti divisi su quasi tutto il resto». Come darle torto?

Soldi che includono, aggiungiamo, non solo i famosi 209 miliardi del Recovery plan, ma anche gli altri strumenti di emergenza già varati dalla Commissione (Piano Sure, Banca Europea degli Investimenti, Mes) e i 1.850 miliardi di euro che la Bce si è impegnata a immettere nel sistema finanziario europeo fino a marzo 2022 col programma di acquisto di titoli pubblici contro la pandemia. In totale l'Ue riuscirà a mobilitare circa 3.000 miliardi nei prossimi sette anni, cioè il triplo di un bilancio ordinario tradizionale.

BENIAMINO MORO

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
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