S e riduciamo all'osso il ragionamento politico emerge una sola e incontrovertibile realtà: Matteo Renzi è il perno intorno al quale ruota il governo. Lui ne ha consentito la nascita, lui può decretarne la fine. Qualcuno ha creduto alle sue sbruffonate e ha sperato che lo annichilisse sfiduciando Bonafede, il ministro della barbarie giustizialista. Sarebbe stata, però, un'azione suicida per lui e per il suo partitino di fuorusciti. Quindi, indietro tutta. Non poteva correre il rischio che Mattarella, in un sussulto di amor di patria, sciogliesse il parlamento. Il “tutti a casa” sarebbe una via senza ritorno per molti, in particolare per i mezzosangue di Italia Viva, che è viva soltanto anagraficamente. Una tornata elettorale la porterebbe all'obitorio. La parabola del Matteo fiorentino è stata e continua a essere quella di un bengala, che rapidamente sale e s'illumina e altrettanto rapidamente scende e si spegne. Da piccolo Napoleone a furiere, da premier con mascella volitiva a questuante parlamentare, che raccatta deputati e senatori in fregola. I trionfi elettorali, gli applausi dei caudatari, la fila dei postulanti di quando era in auge ancora lo esaltano. Vive un inconsapevole tramonto politico. Ricorda monsieur de La Palisse, che un quarto d'ora prima di morire era ancora vivo.

TACITUS
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