“ I l politico deve essere in grado di prevedere cosa accadrà domani, il mese prossimo e l'anno prossimo e, in seguito, avere la capacità di spiegare perché non è avvenuto”. Il richiamo dalla tomba è lapidario. Churchill fu uomo di aforismi attualissimi. Evidentemente il presidente Conte (con lui il governo correo di parossismo di fronte al coronavirus) non è stato grande ammiratore dello statista eponimo. Avrebbero colto il pregio della sottile mentalità britannica.

Capirlo sarebbe servito ad adottare la misura del buon pastore inglese che governa il gregge prima che le pecore scappino dal recinto. L'Inghilterra è una nazione “a monte” delle cose. Che presume con un largo lasso di anticipo eventi cui cercherà in seguito di apporre adeguate contromisure. Eppure è all'interno del mondo culturale anglosassone che nacque la teoria denominata del “cigno nero”. Essa è in grado di fornire una cognizione degli eventi al netto delle responsabilità decisionali, attuabile come misura di protezione nel contesto di una società globalizzata verso cui l'élite democratica italiana (politica e culturale) tende con smisurato slancio.

In sintesi, la teoria del cigno nero è adottata per spiegare eventi di grande impatto, imprevedibili, rari, che esulano da normali previsioni in campo storico, scientifico, finanziario e tecnologico; l'impossibilità di previsione attraverso l'utilizzo di calcoli scientifici; la tendenza umana a elaborare a posteriori giustificazione per la comparsa degli eventi, in modo da renderli spiegabili e prevedibili. (...)

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