F ermate il mondo, voglio salire. A terra, mi sembra d'impazzire. Vorrei una continuità territoriale con il globo. Altro che Mediterraneo! Vorrei sentirmi un apolide con un piede ben saldo sull'isola che amo. In fondo, non sarebbe male.

Le transumanze umane potrebbero davvero salvare l'economia sarda. Se penso che Londra disti, in tempo, quanto un'avventurosa tratta in auto fra Olbia e Cagliari, mi domando perché non si strizzi l'occhio a Copenaghen, Oslo, Göteborg o Tallinn. Andata e ritorno. Lavoratori pendolari. Capitali a un tiro d'ali, cui il prezzo del biglietto varrebbe certamente l'azzardo di una nuova era professionale. L'emigrazione diventerebbe l'opinione di chi vive nel passato. Un giovane troverebbe l'agio di toccare il cielo con un dito. Perché subire il disagio di una posizione incerta, per giunta, malamente pagata? Si potrebbe trovare se stessi già con una borsa in spalla. Felici. Ci si sposterebbe il tempo necessario a farsi le ossa, raccogliere le idee. Poi si tornerebbe indietro con un bagaglio d'iniziative concrete.

Non si può stare sul chi vive aspettando un contributo regionale a scartamento ridotto. Diciamocelo chiaro, il lavoro a contratto è un treno passato di moda. È una parola messa in soffitta con la valigia di cartone. Smettiamola di biasimare chi patisce la mancanza d'occasione. Il mondo vola. Si porta dentro una tasca. Il mercato sottopone una formula che si scontra col diritto irrefutabile a realizzare se stessi in tutti gli ambiti individuali. Dagli agi materiali ai sentimenti. (...)

SEGUE A PAGINA 40
© Riproduzione riservata