"Cara Unione,

dopo le proteste di ieri in tutta Italia con migliaia di genitori che, a gran voce, chiedono la riapertura delle scuole per i loro figli, laddove chiuse per via delle norme anti-Covid, si è letto di tutto. E cioè che i genitori vedono le scuole come un luogo di baby sitting dove poter parcheggiare i propri figli, e ancora che chi chiede la riapertura delle scuole è una sorta di disgraziato che antepone i propri comodi alla salute dei più piccoli.

Ho anche letto le gentili parole del ministro Bonetti che ricorda come siano in arrivo 'importanti misure' a sostegno di quei genitori non in smartworking e che devono far fronte alla temporanea assenza della scuola.

Quello che però, da madre in smartworking con tre figli a casa, mi domando, è la seguente cosa: a qualcuno forse è mai stato chiarito che essere in smartworking significa LAVORARE, da casa certo ma pur sempre lavorare?

Possibile che a un anno di distanza ci si ritrovi esattamente nella stessa condizione di un anno fa dove ai genitori viene chiesto di sostituirsi agli insegnanti, perché tale è la situazione al di là di tante belle parole dei vertici della nostra scuola?

Agli albori di un'emergenza imprevista era accettabile, ora scusatemi ma non lo è più.

Grazie dell'attenzione".

Anna Cossu - Milano

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