Ci sono poche ragioni per dubitare del successo di “Wicked”. Premiato di recente agli Oscar per la miglior scenografia e i migliori costumi, il maestoso adattamento cinematografico del musical ispirato a “Il Mago di Oz” scritto da Winnie Holzman e Stephen Schwartz ha fatto rivivere sul grande schermo la toccante storia di Elphaba e Glinda, rispettivamente la strega cattiva dell’Ovest e quella buona del Nord. Aldilà dell’impressionante impatto visivo, il titolo affronta temi scottanti e di fresco dibattito come le disuguaglianze sociali e il razzismo; attraverso uno sguardo maturo e competente come non avremmo mai potuto sospettare.

Diretta da Jon M. Chu, la pellicola prende il via dalla morte di Elphaba, nata con la pelle verde dopo una relazione extraconiugale. Discriminata fin da giovane, la strega incontrerà durante gli anni universitari Galinda, una collega con la quale instaurerà fin da subito un rapporto di amore-odio. In un clima ostile che nelle Terre di Oz vede gli animali messi sempre più sotto scacco, Elphaba tenterà con le sue doti di riscattarsi dalle vessazioni subite e perseguire gli ideali di uguaglianza e rispetto. Ma niente si scoprirà esser come sembra, e anche l’autorità del Mago di Oz potrebbe nascondere qualcosa di imprevedibile.

A distanza di cinque mesi dal debutto in sala, la star del cinema e del Saturday Night Live Bowie Yang - apparsa in “Wicked” col personaggio di Pfannee - ha voluto condividere una propria riflessione sul titolo durante il BFI Flare di Londra, festival cinematografico particolarmente attento alla comunità LGBTQIA+. Con un intervento che all’analisi critica ha unito la giusta dose d’ironia, Yang ha posto l’attenzione sul senso politico del film, mostrando tutta la sua sorpresa per l’enorme successo al botteghino: “È miracoloso che Wicked sia uscito e stia andando così bene. Parla di razzismo, fascismo e del modo in cui il potere viene costruito creando problemi per gli altri. Il Mago ha potere solo perché genera conflitti che poi finge di risolvere”.

Del lavoro compiuto insieme a Jon M. Chu, l’attore ha anche menzionato le lunghe fasi d’improvvisazione da cui sono nate alcune scene iconiche, nonostante si potesse contare su una sceneggiatura firmata da Winnie Holzman e Dana Fox: “Credevo che non avrebbero mai usato le mie battute improvvisate, e invece, eccole lì nel film!”.

Ad aver sollevato la questione sull’impatto politico del film è stato anche Adam Mckay, cineasta estremamente attivo sul fronte sociale divenuto noto per titoli come “Vice - L’uomo nell’ombra” e “Don’t look up”. Dopo aver visionato il film, il director ha espresso con un commento sui social il proprio timore per quello che potrebbe accadere al mercato nei prossimi anni, al punto di credere che titoli come “Wicked” possano esser vietati nel breve periodo. Con un triste pronostico, il regista ha dichiarato in questo senso: “Da un punto di vista puramente narrativo, Wicked Parte 1 è uno dei film più radicali mai realizzati da un grande studio di Hollywood. So che la Parte 2 ritorna un po' al centro, ma la Parte 1 parla apertamente di radicalizzazione di fronte al carrierismo, al fascismo e alla propaganda”.

Stabilendo poi un chiaro parallelismo con la situazione odierna, ha aggiunto: “Ciò che è davvero sorprendente di Wicked Parte 1 è che arrivi ora nelle sale, quando l'America non è mai stata così di destra e alle prese con la propaganda. E sì, so che lo spettacolo teatrale e il libro sono di molti anni fa, quindi in parte la tempistica è una coincidenza, ma comunque...”

E alludendo a un futuro che ha quasi del distopico, ha concluso dicendo: “Penso che sarete sconvolti. Se l'America continua ad andare avanti per questa strada non sarei sorpreso se il film venisse vietato entro 3-5 anni”.

Uno scenario sicuramente inquietante quello che potrebbe prospettarsi. L’auspicio, dopotutto, è quello di poter assistere alla seconda parte di “Wicked” - con l’uscita attesa per la fine di quest’anno - consapevoli che il contenuto creativo e critico non venga condizionato da interferenze esterne, come ad esempio un intervento coercitivo da parte delle istituzioni. Non rimane altro che incrociare le dita, e sperare in un sequel all’altezza del predecessore.

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