Tra i cineasti che hanno illuminato le giornate di festival sulla Croisette ha preso parte con visibile partecipazione anche David Cronenberg. Al maestro indiscusso del cinema, esploso negli anni ottanta con l’audacissimo “Videodrome” e divenuto noto per la spiccata inclinazione al body horror in esempi come “Il Pasto nudo” ed “Existenz”, si riconosce una seconda fase artistica più orientata al cinema introspettivo, con titoli del calibro di “La promessa dell’assassino” e “Cosmopolis”.

Il ritorno ad un’estetica macabra e allo shock factor ha portato all’uscita nel 2022 di “Crimes of the Future”, che riadatta in chiave moderna molti elementi distintivi del periodo giovanile. Dopo la presentazione in concorso a Cannes del suo ultimo “The Shrouds”, le opinioni contrastanti non si son certo fatte attendere. La pellicola porta con sé una natura esplicitamente autobiografica, e nella forma di un’elegia funebre - dedicata alla moglie mancata tre anni fa - il regista elabora il proprio lutto dietro la figura di un imprenditore che sviluppa un dispositivo capace di mettersi in contatto coi morti all’interno del sudario. Come affermato dal director in conferenza stampa durante la kermesse: «L'idea di The Shrouds viene dalla vita stessa. Dopo la morte di mia moglie ero bloccato, non sapevo se avrei girato altri film. Poi ho sentito l'impulso di raccontare una storia non realistica né autobiografica, ma legata alla mia esperienza con la morte e con la perdita. In quel senso è il mio film più autobiografico, anche se non è naturalista».

Fra i tanti giudizi espressi dalla stampa, alcuni si son rivelati particolarmente acerbi nei confronti di quest’ultimo lavoro, tanto che il director, ritenendo certi commenti addirittura stupidi e ignoranti, ha pensato di replicare prontamente: «Nelle ultime ore ho letto un paio di recensioni molto stupide in cui mi si accusa di essere paranoico e cospirazionista. In realtà The Shrouds ha a che vedere con l'amore e con la perdita, ma loro non hanno capito il film. Se sei ateo come me e non credi nell'aldilà, allora la morte di una persona cara non ha senso. È molto difficile per le persone vivere senza significato. Un modo in cui puoi creare un significato quando forse non ce n'è nessuno, è elaborare una teoria, una cospirazione, che spieghi perché una persona è morta. In questo caso si parla di una cospirazione dei medici per ucciderla perché era coinvolta in qualche esperimento. Qualunque sia la cospirazione, ti dà un senso di conoscenza e potere, ti fa immaginare di sapere qualcosa che gli altri non sanno».

E più in generale su tutta la sua filmografia, ritenuta da taluni troppo fredda e poco aderente alle emozioni, Cronenberg ha preso la palla la balzo per esporre meglio il suo punto di vista: «Onestamente penso che tutti i miei film abbiano un enorme contenuto emotivo. Non ho mai capito le persone che pensano che i miei film siano freddi. Penso siano equilibrati, ma non freddi».

Come affermato dal regista, il progetto - inizialmente pensato per essere una serie e poi diventato un lungometraggio dopo la disdetta di Netflix - è più diretto rispetto ai titoli recenti; e trattandosi di un’opera emotiva e personale è stato possibile realizzarla solo dopo un lungo periodo di riabilitazione. «Affrontare i dottori, le radiazioni senza fine, la chemioterapia e tutto il resto ha dato vita a un'esperienza davvero opprimente. Non c'è tempo di pensare all'arte. Non ci stavo pensando. In realtà non avevo pensato avrei mai affrontato quella realtà attraverso l'arte».

Ugualmente interessante l’apporto dell’attore protagonista Vincent Cassel, che ha lavorato a stretto contatto col director per trarne utile ispirazione: «Anche se nel film ha un accento francese, gli ho detto: parli più velocemente rispetto a me. Vorrei che parlassi usando un ritmo più simile al mio, che è più rilassato, più soft, più tranquillo. Non l'ho scelto per i suoi capelli. Quella è stata realmente una coincidenza. Non avevo bisogno che mi somigliasse».

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