Procediamo per logica: per scegliere una guida, quella giusta si intende, occorre prima conoscere il divenire e l’ontologia del consesso che quella guida sarà chiamata a dirigere, altrimenti non si potrà non inciampare nella creazione di una delle solite pseudo-formazioni partitiche pura e semplice espressione della sua identificazione soggettiva, e quindi necessariamente “correntista” e “divisiva”. Insomma, si finirebbe per inciampare nel solito “tranello” del voler cambiare tutto, quanto meno fare finta di farlo, per non voler cambiare nulla per riuscire a celare, sia pure in modo un po' maldestro, la propria incapacità trasformativa.

Attualmente, il Partito Democratico si ritrova ad essere impegnato non solo in una complessa operazione di ristrutturazione di cui non parrebbe avere chiari i perimetri ed i contenuti, ma anche nella scelta di un Segretario che di siffatta nuova creatura possa costituire una guida forte ed autorevole. Intendiamoci tuttavia: l’operazione non è semplice, ma per andare a buon fine, sarebbe primariamente necessario ricordare (questa l’impressione per l’osservatore esterno) in quali circostanze quel Partito ha visto la luce ed ha impiantato la ragione stessa della sua attuale esistenza, e quindi, sarebbe necessario ricordare la sua stessa storia politica: se non ricordi chi sei, come puoi sperare di sapere ciò che vorrai diventare.

Ebbene. Se è vero, come parrebbe essere vero, che il Partito Democratico, quale soggetto politico, nacque dalla fusione di due anime ben distinte, ossia quella dei Democratici della Sinistra e quella della Margherita, allora, parrebbe essere altrettanto vero che anche in quella occasione, malgrado l’intenzione fosse quella di intraprendere una trasformazione sul piano organizzativo, l’operazione non fu propriamente “riuscita”, per non aver potuto, quella allora nuovissima creatura partitica, portare a termine il processo di innovazione inerente le maniere e le forme di partecipazione politica attiva. Le sole Primarie non potevano, e non possono oggi, essere l’unica soluzione al male di un intero sistema.

Facendola breve: il Partito Democratico, quello che tutti noi oggi conosciamo, nella sua complessa componente soggettiva, è mai riuscito, dal momento della sua formazione ad oggi, ad abbandonare la primordiale impostazione istituzionale di cosiddetto “partito burocratico di massa” rivolgentesi, soprattutto, se non esclusivamente, al suo elettorato? E se la risposta fosse positiva, quale sarebbe stato, e/o sarebbe oggi, il suo elettorato di riferimento? A chi si è rivolto in passato il Partito Democratico, a chi si rivolge oggi, e a chi vorrà rivolgersi nel prossimo futuro? Quale potrà mai essere l’obiettivo della “nascenda” (se davvero ne nascerà una diversa) nuova formazione politica (perché dovrà, si ritiene umilmente, nascere qualcosa di nuovo), se non quello dell’adattamento e del miglioramento delle condizioni sociali rapportandole alle trasformazioni della società ed alle economie del continente europeo? Riuscirà a farlo, quella nuova creatura, senza cadere nella solita trappola dei meccanismi propagandistici del gioco sottile della vuota attrazione del voto?

Questi interrogativi parrebbero ancora tutti privi di risposte certe, con ogni conseguenza sul piano della pura e semplice “presentazione” di una annunciata “trasformazione” di assai difficile qualificazione. Eppure, ciò nonostante, assistiamo fortemente incuriositi, alla “contesa gentile” tra più potenziali candidati alla Segreteria di un Partito tutto ancora da definire. La circostanza è tutt’altro che da sottovalutare, posto che dalla espressione soggettiva della sua “guida” (anche se parrebbe sbagliato mettere il proverbiale “carro davanti ai buoi)”, dipenderà la scelta delle alleanze e prima ancora, la scelta della collocazione sistematica della nuova formazione politica nel panorama partitico italiano. Ed il vero paradosso, quanto meno questo parrebbe potersi ritenere, sembrerebbe essere quello che individua la giovanissima Elly Schlein quale unica e vera “primavera ideologica” di riferimento, quale unica “interprete” di una Sinistra che mai rinnegando le proprie radici profonde, parrebbe intenzionata a seguire il sentiero di un cauto e meditato progressismo.

La autentica chiave di volta di un Partito Democratico seriamente intenzionato a rinnovare sé stesso, parrebbe essere personificata, in poche parole, dalla audace vice di Stefano Bonaccini. La freschezza ideologica e la spontaneità espressiva contro ogni altra forma esperienziale statica e, per ciò stesso, incapace di offrire una reale spinta di rinnovamento. L’esito della “contesa (apparentemente) gentile” dipenderà unicamente dalla volontà che le varie componenti soggettive del Partito vorranno rendersi disponibili ad esprimere. In caso contrario, l’epilogo dell’intera vicenda non potrà che essere la scissione dell’attuale consesso con tutto ciò che potrà derivarne sul piano del disordine ideologico ed ontologico.

Stefano Bonaccini è amministratore di eccellenza, ma sceglierlo alla Segreteria del Partito Democratico potrebbe forse significare (e siamo sempre sul piano delle pure e semplici impressioni, le quali, tuttavia, anche a livello subliminale finiscono per incidere sulle scelte) un ritorno al passato renziano che non tutti sarebbero disposti ad accettare. Paola De Micheli, anch’ella espressione apprezzabilissima del Partito, parrebbe non avere, tutto considerato, la necessaria “vis attractiva”. Gianni Cuperlo, con la sua esperienza rassicurante e la sua fermezza istituzionale rappresenta invece il volto classico di ciò che è stato e che non potrà tornare ad essere, l’unico ad aver compreso, dall’alto della sua competenza, che un congresso che pare voler principiare la propria trasformazione partendo dalle sue potenziali e future espressioni soggettive, probabilmente non ha troppo senso di esistere.

Dicendolo altrimenti, e per intenderci sul punto: se il Partito Democratico vuole davvero rinascere a nuova vita, allora, allorquando realmente non riesca a prescindere dalla preventiva identificazione di un Segretario, non potrà che compiere la sua scelta optando tra Elly Shlein e Gianni Cuperlo, senza tuttavia privarsi dell’apporto di colui o colei che non dovesse “prevalere” quale risorsa irrinunciabile di supporto. L’unica cosa certa è che l’Italia necessità di una Sinistra che possa porsi in competizione realistica con l’attuale Destra di governo, la quale, anche a prescindere dalla vittoria elettorale in occasione delle urne del 25 settembre, necessita parimenti di serio rinnovamento. Ma questa è un’altra storia.

Giuseppina Di Salvatore

(avvocatessa – Nuoro)

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