Arriva nel secondo giorno della Leopolda l'arringa difensiva di Matteo Renzi, avvocato di se stesso sul caso Open, inchiesta nella quale è indagato per finanziamento illecito ai partiti: un "processo kafkiano", lo definisce lui, e uno "sputtanamento mediatico", per il quale "andrò in sede penale a difendermi" e "chiederò di parlare a tutte le udienze", perché "chi decide che cos'è politica e che cosa non è, nei Paesi democratici, è il Parlamento", e non i magistrati.

"La sostanza di Open – ha detto – è che organizzava la Leopolda" e Open era una fondazione, non un partito. "Sono assolutamente certo di non aver mai violato la legge, meno che meno quella sul finanziamento alla politica; quello che penso dell'inchiesta è che probabilmente alcuni investigatori hanno violato la Carta Costituzionale. Due anni fa hanno fatto una retata modello mafia andando a prendere telefoni di persone non indagate, penso che sia una cosa molto grave".

Secondo Renzi i capi della corrente renziana del Pd erano Lorenzo Guerini e Paolo Gentiloni, ed entrambi "non avevano alcun rapporto economico con Open". I pm di Firenze titolari dell'inchiesta Open, per il leader di Italia Viva, hanno tenuto "un atteggiamento populista", perché "siccome non hanno trovato niente hanno fatto la pesca a strascico, che è un atto gravissimo. Non basta invadere il terreno della politica, ma serve anche una invasione di campo nella sfera personale, quindi i pm fiorentini vanno a prendere telefonini e computer a 40 non indagati, ma che hanno dato soldi alla Leopolda".

L'accusa di finanziamento illecito, ha aggiunto Renzi, "fa venire in mente che ci siano soldi non regolarmente denunciati, presi violando le regole, ma poi si scopre che quei soldi sono tutti tracciati e bonificati", e forse "i magistrati pensano che le correnti funzionino come in magistratura", ma "se volete capire come funziona la politica - ha detto, rivolto ai pm - dovete candidarvi e stare dentro un partito che sta in Parlamento, non andare a prendere i telefonini di chi sta totalmente fuori da questa vicenda". 

IL QUIRINALE – Dal palco della Leopolda è partita anche la sfida per il Quirinale. Per Renzi serve "un profilo riformista, europeista, che sia contro il sovranismo".

L'idea è che si debba partire da un nome che possa andare bene a tutte le forze di una maggioranza che va da Leu alla Lega.

Il nome buono - dicono i renziani - arriverà all'ultimo momento, e sarà il frutto di un lavoro silenzioso e faticoso, fatto da chi sa fare politica. Un nome che si fa nei corridoi della Leopolda è quello di Marta Cartabia, per esempio. Mentre viene bocciata la carta Berlusconi. Troppo divisivo e a Iv non piace l'idea. Ormai accantonata l'ipotesi che Sergio Mattarella possa concedere il bis. E Mario Draghi? Non dispiacerebbe che rimanesse a Palazzo Chigi fino al 2023, anche per scongiurare il voto l'anno prossimo. 

(Unioneonline/D)

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