Matteo Salvini tra europeismo e sovranismo: nuova identità cercasi disperatamente
Se la Lega scricchiola Renzi spera di incrementare il suo 2 per cento
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“No a un’Europa senza nazioni”. E’ il contenuto stilizzato stigmatizzato nella cosiddetta “Carta dei Valori per immaginare insieme il futuro dell’Europa”, ma sarebbe stato più opportuno definirla come il “manifesto programmatico dell’anti-europeismo” ad intermittenza programmata ed obsolescenza strutturale. A prescindere dalla circostanza che si prediliga l’una o l’altra delle ricordate nomenclature definitorie, il documento, “sovranista” negli intenti e nei suoi contenuti, è stato fieramente sottoscritto non solo da Viktor Orbàn e Mateusz Morawiecki, ma anche, e sorprendentemente, dal preteso neo “europeista di scopo” Matteo Salvini. Il gioco degli equivoci portato avanti, e sostenuto, dalla Lega di quest’ultimo è chiaramente giunto al suo apice e incardina gli elementi fondanti della sua forza “confusoria” su una narrazione mediatica ambivalente e contraddittoria pre-impostata e pre-ordinata siccome chiaramente significativa di una condizione di disorientamento politico/ideologico del suo Promotore che non riesce a lasciare spazio alcuno a dubbi di sorta: “europeista” (forse) in casa, “sovranista” (chi può dirlo) in trasferta. Nel contesto di siffatto circo comunicativo, privo di qualsivoglia minima elaborazione politico-dogmatica, il ritrovato “pseudo-sovranismo” conformante (siccome timidamente filo-europeista) del Segretario Padano, sembra rinvenire il suo “humus” legittimante sul fallimento conclamato di ogni impulso “nazionalista” strettamente inteso. Ma appare altrettanto verosimile che siffatte astrazioni concettuali (“sovranismo”, “europeismo” e “nazionalismo” si intenda) non siano ben chiare neppure al suo giocoso Interprete il quale, dal canto suo, sembra viverle e sembra piuttosto strumentalizzarle, pur senza comprenderle fino in fondo, in funzione dell’unica sua vocazione realisticamente condivisa e “metabolizzata”: il “secessionismo oltranzista” ed “indipendentista” quale obiettivo indiscusso e non negoziabile di un progetto politico temporaneamente latente ma sempre presente sul piano ideologico.
L’unico, peraltro, realmente compreso ed accettato dal suo storico elettorato di riferimento. Si tratta, a ben considerare, di un atteggiamento che non mancherà di riflettere i suoi effetti pregiudizievoli sulla stabilità dell’attuale “Governo di Unità Nazionale” a trazione “liberal-socialista-statalista”, all’interno del quale, ed indiscutibilmente, la posizione della Lega, quale partito votato per sua stessa inclinazione naturale all’opposizione non governativa, appare quasi come la “contraddizione” necessaria di “assestamento” del sistema: la proverbiale eccezione che conferma la regola di cui, tuttavia, l’intero panorama politico italiano potrebbe fare sicuramente a meno siccome incapace di riflettere una “proposta” riformista originale e, soprattutto, praticabile e fruibile nel breve periodo. Insomma, per farla breve: non è bastato “gridare” in Piazza i problemi degli Italiani, bisognava piuttosto risolverli, perché a tanto è votata l’azione del Politico serio e concludente. In tanto (poco) si materializzato, tutto considerato, il fallimento del “salvinismo” e del suo Autore.
Qualcuno potrebbe sostenere che si tratti di una interpretazione tranchant. Probabilmente lo è, ma riflette i contenuti di una dietrologia tattica che potrebbe, verosimilmente, restituirci, come contropartita di ritorno, nel prossimo immediato futuro un “rinnovato” (si fa per dire) Matteo Renzi, il quale, con il suo 2% scarso, a ben considerare, potrebbe ben approfittare dei tentennamenti e delle difficoltà dell’altro “Matteo” al non troppo recondito scopo di accreditarsi ed inserirsi in uno schieramento di “centro-destra” (Giorgia Meloni permettendo) attualmente non troppo definito in termini di “alleanze” al solo fine di garantirsi, nella migliore delle ipotesi, un ventennio di “sopravvivenza terapeutica” di governo senza dover subire particolari fastidi proprio da quella specifica opposizione di Destra. Il “salvinismo”, come tradizionalmente concepito nel corso dell’ultimo triennio, ha cominciato a scricchiolare, ed anche in siffatta circostanza non può che rinvenirsi un chiaro segnale di “cambiamento” che l’intero panorama politico italiano deve imparare ad interpretare ed assecondare con furbizia, oltre che con un pizzico di malizia, se intende operare seriamente sulla via della “rivoluzione gentile” (quale opzione caratterizzante di quanti ancora non esercitino il potere, ma vorrebbero farlo: Giuseppe Conte in primis) favorita dall’attuale esecutivo “arcobaleno”.
Siamo entrati in una piena, e per molti versi incompresa, “fase costituente”, la quale potrebbe rinvenire i suoi contenuti proprio nel suo offrirsi a chiunque voglia farsene interprete, quale contenitore privilegiato tanto delle istanze di cambiamento quanto delle istanze di conservazione, in una alternanza tra esigenza di “movimento” e garanzia di “stabilità”, che, in buona sostanza, rappresenta l’unica e sola formula vincente di governo: la cosiddetta proverbiale “via di mezzo” idonea a congelare ogni sterile operazione estetica tanto cara al Matteo Salvini che un tempo non troppo lontano fu “Capitano” delle masse e che oggi fatica a rinvenire una solida identità politica da contrapporre tanto all’avanzata della sinistra moderata potenzialmente incarnata da un Partito Democratico ancora alla ricerca di un Leader qualificante, ma tutto sommato costantemente strutturato, quanto all’affermazione della Destra coerente e rassicurante di Giorgia Meloni. Del resto, che Matteo Salvini non sia nuovo alla pratica del “voltafaccia”, lo abbiamo compreso da tempo: da sovranista ad europeista ed ancora da europeista a sovranista di ritorno nel giro di pochi mesi è stato un balzo. Certo non definitivo, ma sicuramente idoneo a riportarlo all’angolo di un sistema di governo per lui scomodo e poco qualificante in termini di consenso percentualistico. Per Matteo Salvini sembra essere giunto il momento della svolta: prendere o lasciare? Con Mario Draghi o contro? “Tertium non datur”: non ci sono altre possibilità eccetto queste due.
Giuseppina Di Salvatore
(Avvocato – Nuoro)